Il cemento armato gli ha sottratto gran parte del suo campo visivo, relegandolo a un piccolo rudere. Pietra su pietra contro cemento su ferro.
Lui è un piccolo faro che conserva immutabile il suo fascino. Fu costruito nel 1890 su un basamento di massi artificiali. È il faro di Punta Riso a Brindisi. Uno dei tanti fari che la città ha eretto per indicare l’entrata nel suo porto. Non tutti sono più in funzione, altri sono in manutenzione. Lui è completamente abbandonato. Lo si vede lì combattere fiero contro il tempo e contro lo spazio contro l’imperversare della bruttezza delle comodità edilizie.
Il faro attivato nel 1893 per segnalare l’isola di Sant’Andrea venne poi a questa collegato con un pontile in ghisa e legno. Successivamente la torretta alta 12 metri cedette il bianco a tessere maiolicate bianche e nere. Tra i ruderi di ciò che resta si intravede chiaramente un basamento circolare. Il carparo rosso si illumina con i raggi del sole, rimpiange un prima quando si divertiva a confondere il mare. La diga foranea alle sue spalle lo spinge inesorabilmente alla distruzione che l’uomo accelera e non pare voler evitare.
Lui, il faro di Punta Riso attende silenzioso che qualcuno arrivi a salvarlo, a ridargli una dignità. Non chiede venga restituita la sua lanterna, solo una nota di umano calore. Una carezza che lo svegli dal letargo nel quale lo hanno lasciato. Le pietre diroccate, le mura sfondate, eppure lui resiste promette di non cedere, di non farsi trascinare via. Guarda Forte a Mare, il castello Alfonsino che riapre le porte. Aspetta anche lui un intervento che lo salvi da una inevitabile fine.