Visioni d'insieme

Le violette di Berthe

Le violette di Berthe

Berthe ed Edma sono al Louvre, posizionano i loro cavalletti davanti a un quadro di Rubens e iniziano a dipingere.

Un esercizio utile per affinare le loro capacità. In quel momento si affianca a loro Édouard Manet, già punto di riferimento di una pittura che sovverte le regole accademiche. Era il 1868, lei aveva 27 anni ed era una pittrice di belle speranze, lui ne aveva 36, era già sposato da cinque anni ed era già Manet.

“Trovo in lui una personalità affascinante che mi piace infinitamente” disse Berthe di lui.

Le sorelle Morisot erano belle e piene di grazia, Degas si innamorò, non corrisposto, di Edma. Manet con un pizzico di cinismo disse ”Le donne Morisot sono affascinanti, è un peccato che non siano uomini. Tuttavia, potrebbero, come donne, servire la causa della pittura sposando ciascuna un accademico e mettendo discordia nel campo di questi viziati”.

Si frequentano, si stimano, si ammirano, si amano senza trovarsi.

Lui si perdeva negli occhi neri e profondi di lei, la figura esile, la luce che emanava. Quando lei gli chiese un’opinione su un quadro che aveva dipinto per il Salone del 1870, La madre e la sorella dell’artista, lui intervenne con uno squarcio di nero nel vestito della madre, tolse al quadro la delicatezza, la leggiadria, coprì interamente l’abito della madre di un nero assoluto. Lei non ne fu contenta.

Si cercavano, si sfuggivano. Lui la dipinse innumerevoli volte. Lei, sempre lei, quel volto che non riusciva a togliersi dalla mente e dagli occhi. Ci provò con altre modelle, con l’amante, con la moglie, ma mancava l’incanto. Lei e solo lei era la sua musa.

I suoi quadri sono il diario della loro conoscenza, il primo nel 1868 quando si conobbero. Berthe viene dipinta nel Balcone, poi in Riposo e, forse il punto più alto del loro sublimato amore, in Ritratto con il mazzolino di violette.

Paul Valery, amico di entrambi di quel quadro scrisse “Non metto nulla, nella produzione di Manet, al di sopra di un certo ritratto di Berthe Morisot, datato al 1872. Sul fondo neutro e chiaro di una tenda grigia, questa figura è dipinta: un po’ più piccola che in natura. Prima di tutto, il Nero, il nero assoluto, il nero di un cappello da lutto e del sottogola di questo piccolo cappello mescolati con ciocche di capelli castani dai riflessi rosa, il nero che non appartiene che a Manet, mi ha colpito. Ci si collega un fiocco largo e nero, che si riversa sull’orecchio destro, circonda e infagotta il collo; e la nera mantellina che copre le spalle, lascia apparire un po’ di pelle chiara, nella rientranza di un collo di stoffa chiara. Questi spazi brillanti di nero intenso incorniciano e offrono un viso dai grandissimi occhi neri, con un’espressione distratta e come lontana. […] Quel viso dagli occhi grandi, la cui vaga fissità dà un senso di distrazione profonda e offre in qualche modo, una presenza d’assenza“.

E poi Berthe Morisot con il manicotto, Berthe Morisot con la scarpa rosa, Ritratto di Berthe Morisot alla veletta, Berthe Morisot con il ventaglio, Berthe Morisot su un divano, Ritratto di Berthe Morisot sdraiata. Tutta la vita di Berthe è un quadro, anche quando muore suo padre, lui la ritrae in Ritratto di Berthe Morisot in lutto. Ogni pensiero, emozione, ogni indugio, ogni sentimento di Berthe lo ispira al punto da dipingerla.

Questa lunga storia d’amore raccontata con pennelli, tele e tinture a olio, finisce con Berthe Morisot di profilo. In primo piano c’è la mano di Berthe con l’anello nuziale. Ha sposato Eugène Manet, fratello del pittore. Gli somiglia, stesso volto, stessa figura.

Ad Edma scriverà “Ho trovato un brav’uomo, onesto, e sono sicura che mi ama sinceramente. Dopo aver vissuto per tanto tempo inseguendo chimere ho cominciato a vivere una vita vera”.

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