Un castello sulla costa non poteva bastare a difendere la città dall’arrivo dei nemici dal mare. Brindisi non poteva e non doveva cadere.
Lo sapeva bene Alfonso D’Aragona, gli ottomani nel 1980 puntavano su Brindisi per poi attaccare Roma, una tempesta improvvisa di tramontana però aveva cambiato i loro piani e spinto il comandante Gedik Ahmet Pascià a sbarcare a pochi chilometri da Otranto, dove dopo un lungo assedio riuscì a conquistare la cittadina spargendo il sangue di quanti avevano opposto una dura resistenza. Le ossa dei santi martiri sono conservati ancora oggi in cattedrale.
Sull’isola di Sant’Andrea primo accesso al porto della città adriatica, dove sorgeva una abbazia benedettina ormai abbandonata, Alfonso decise che sarebbe sorto un castello fortificato per respingere gli attacchi di quanti avrebbero voluto conquistare Brindisi. Un castello sul mare vedetta sul Castello Svevo di terra. Lì sull’isola, legata alla terra da una lunga strada, ha riaperto le porte ai visitatori il Castello Alfonsino.
Francesco, la guida, è entusiasta nel raccontare la storia, nell’illustrare le costruzioni risalenti a diverse epoche, la darsena trappola finale, le aperture per i cannoni di difesa, le torri, la sala dei ricevimenti con il prezioso lavabo. Pietre che si intersecano, stemmi che si aggiungono, uno sull’altro, porte che alternano il bianco al rosso del carparo. E il Forte a mare. Francesco spiega gli interventi di restauro mentre i visitatori guardano la costa, la bellezza del castello e della storia da opporre alla bruttezza degli insediamenti industriali che segnano una modernità che sa di sfruttamento, di conquista, di dominio.
Forte a mare, Castello Alfonsino, passeggiare con il vento tra i capelli, il mare blu, le navi e i rimorchiatori, un faro lontano a segnalare l’ingresso nel porto.
Castello rosso contro il cielo azzurro.