“Salvatore Toma è un tipo decente, presentabile, un po’ volutamente folle ma in definitiva un buono”, si descrive così il poeta salentino
in Autoritratto che chiude la sua opera Forse ci siamo.
Toma nasce a Maglie nel 1951, frequenta il ginnasio Francesca Capece poi non si iscriverà per ben due anni agli esami di ammissione del terzo anno. Si diplomerà nel 1972. Muore a trentacinque anni nel 1987 all’ospedale di Gagliano del Capo. Anni dedicati alla poesia, a mettere su carta i sogni notturni, le visioni, le angosce, le verità scomode, i paesaggi, se stesso. L’amore. “Ecco sono questi pochi versi/ il frutto di tanto amore./ Ora che li ho scritti/ che sono finalmente qui/ ora capisco/ che veramente ti ho amata e perduta/ come tutto ciò che c’è di forte/ e di misterioso al mondo/ e fuori e dentro di noi./ Hanno un marchio particolare./ Riconosco questa volubile ispirazione/ che ha voglia di venir fuori veloce/ e paurosamente piano si riflette.”
“Toma è feroce, è sanguinario come tutti i veri poeti e come tutti i veri i poeti ha il diritto di mandare al diavolo un po' di gente; Toma è un io che vince, dolorosamente ma vince”, sosteneva Antonio Leonardo Verri. “Cosa dire/ a chi maltratta un cane?/ io no gli direi niente/ solo lo guarderei/ negli occhi/ gli sorriderei beffardo/ quindi lo sgozzerei./ Mi pare/ di aver reso l’idea”, scrive Salvatore Toma.
Il poeta salentino ha paesaggi da riportare, strade da percorrere, ha un senso della vita e della morte, la sua. “Un giorno/ sarò albero e radice/ sarò terra contesa./ Mi vorranno i vermi/ i lombrichi le stelle/ sarò cosa che cambia/ chissà cosa diventerò./ Sarò fiore o montagna/ o terra da cemento/ per un buon palazzo/ eppure un giorno ero vivo/ e ho visto il mondo/ eppure un giorno ero vivo/ e ho visto il mondo”.