Un’auto non può stare ferma troppo a lungo, in un garage o su un piazzale, abbandonata in un box, tra le righe di un parcheggio, bianco o blu.
Non può attendere che qualcuno accenda il motore per essere trasportato di qua o di la. Un’auto ha bisogno di percorrere strade, mettersi alla prova, affrontare salite e discese, curve e curvoni. E cosi è l’ora di salire in auto accendere lo stereo inserire la chiavetta usb per selezionare la cartella colonna sonora del film Veloce come il vento, e partire. Meta Selva di Fasano, lì dove negli anni Cinquanta mandavano i ragazzi a respirare aria buona per i polmoni. Selva, boscaglia di querce, pini, castagni, cipressi e lecci, ulivi, carrubi, noci e rovi, macchia mediterranea, piante e fiori. Tutto in ordine, tutto pulito.
Ed ecco la strada. Pronti partenza via. Rapide scalate di marce dalla prima alla quinta, su il numero dei giri motore. Ed ecco già la prima curva, puntare dritto, toccare il freno, scalare in terza, tutto a destra, contro sterzo. Navigatore dove sei? 50 metri destra 1, taglia, in sinistra piena, 80, sinistra 5, apre, sinistra 3, dosso. Freno! O finisci nel fosso. Fa anche le rime il navigatore che mi indica i metri, la curva e l’angolo dello sterzo. Macino metri, tornante destra, tornante sinistra, tra gli alberi vedo il mare. Rallentare, ora che la discesa è strada asfaltata che curva dopo curva finisce nell’azzurro, non di questo cielo, sprazzi tra foglie e aghi di pino.
Mi sveglio d’un tratto, è stato solo un sogno, mattiniero. Sogno che suggerisce quel che vorresti fare ma non dà numeri da giocare al lotto, ora che è tutto fermo. Eppure la strada, l’auto, la Selva sembravano reali, come l’ultima volta che ci sei stata in autunno alla ricerca di una casa in cui qualcuno festeggiava il suo compleanno. Fiumi di alcool e nessuno alla guida. Che si corre nei sogni oppure nei rally. Da sobri.