Quando il sole è alto all’orizzonte e la canicola non lascia tregua meglio addentrarsi tra le vie strette di un piccolo centro storico.
Respirare a pieni polmoni, le gote rosse dal fuoco, un’aria magica. Perché Soleto nella Grecìa salentina, ha tra il campanile e la guglia qualcosa di non detto e di nascosto, e tra le case il profumo dei secoli.
Dietro la porta socchiusa un’anziana donna parla una lingua sconosciuta, il grico. Il treno delle ferrovie sud-est saluta con voce stanca la vuota stazione nell’afa di una torrida giornata d’agosto. Una cicala canta la sua canzone su un albero di un giardino abbandonato.
Tra i vicoli stretti, tra Municipio e intonaco moderno, appare d’incanto il rosone della piccola chiesa di Santo Stefano, il portone sbarrato non nasconderà all’intrepido viaggiatore gli straordinari affreschi che le pareti interne conservano dal 1400. Magi, fuga dall’Egitto, Battesimo, Crocifissione e Resurrezione. I miracoli e il martirio di san Stefano. Il giudizio universale. Paradiso e inferno.
E di chiese in questo piccolo paese ce ne sono diverse, da quella di Maria Santissima Assunta a quella della Madonna delle Grazie, da quella di san Nicola a quelle delle Anime Sante del Purgatorio, da quella di san Paolo ai santi medici. Chiese.
Dalla terra sono affiorate mappe e asce in bronzo. Ere che si sovrappongono, strato su strato, anno dopo anno, evoluzioni. Tutte qui. Tutto qui dove di questo secolo resterà il cemento gettato qua e là.
Alchimie del tempo, da non confondere con le magie, qui dove nacque e tornò a vivere Matteo Tafuri, il “Socrate di Soleto”, filoso e medico del Rinascimento che amava astronomia, astrologia, fisiognomica e magia naturale. Troppo intelligente e appassionato per essere compreso, allora.
Soleto, perfetta nel suo bagliore in una tremenda giornata di sole.