Le grida dei bambini festosi sulla piccola piazza nel centro, loro non temono il caldo asfissiante che nel meriggio non si placa.
La pietra bianca rovente, i piedi nudi lasciamoli per le battigie. Nell’ora in cui si attende il tramonto, le ombre si allungano a dismisura, i bambini appaiono giganti e la chiesa madre riflette ultima luce, ultimo calore.
Nel cuore della Grecìa salentina, Calimera che già il nome ti sussurra che qui la lingua italiana è d’obbligo che il grico è sconosciuto ai ‘forestieri’, buon giorno e sai già che non puoi trovare sorprese in un paese con questo nome. Le donne osservano da una panchina, fintamente distratte, che il pallone da calcio finito per strada ritorni nel campo immaginario, dal bar intanto altri vigilano che nulla accada. La libertà dei piccoli è crescere incontrandosi in questo spazio, piazza del Sole. È qui la reale dimensione del paese, vero senso di comunità.
Il ritmo tranquillo del passare del tempo non è tiranno, tra un caffè con latte di mandorla e un gelato artigianale.
Le campane suonano per la terza volta, ha inizio la messa, mentre San Brizio, patrono, si domanda perché non ha avuto la sua festa.
La piccola chiesetta di San Vito, poco distante dal paese è chiusa. Qui si viene il lunedì dell’Angelo per passare, strisciando, nel foro di un grosso masso calcareo, la Sacra Roccia di San Vito. Rito pagano di fertilità. Poco distante dal paese i dolmen Placa e Gurgulante, segno di altre civiltà, ben prima di chi ha lasciato un segno nel nome e nella lingua.
Se vi capita di fare un salto nella Grecìa e di passare da Calimera ricordate che qui si celebra la festa dei lampioni, vere opere d’arte di canne e carta con all’interno un lume. Decoreranno, per tre giorni, strade e piazze, perché dopo il buongiorno ci sia sempre una buona sera.