Di là dal mare, come una roccia caduta dalla volta celeste, attende un nuovo esploratore che ne sciolga i misteri, la conquisti restituendola
alla collettività. La animi, la ripopoli, la ripulisca dai ruderi, la salvi dall’abbandono e dallo scempio, dalla voluta trascuratezza, la sottragga ad altri domini. Nel tramonto di un giorno di giugno l’Isola di Dino attrae come magnete i visitatori della costa tirrenica della Calabra, Praia a Mare.
Roccia, cento metri di altezza, con fianchi a strapiombo sul mare, le grotte da esplorare, e le primule di Palinuro da osservare sulle pareti calcaree esposte a nord-est. Il passaggio dell’uomo resta visibile agli occhi. Una strada di 1700 metri dal pontile di attracco alla parte alta è ciò che resta, con i cottages e alcune altri edifici, una vecchia piscina, un locale in abbandono. L’isola di Dino per un breve periodo proprietà di Gianni Agnelli che versò 50 milioni per l’acquisto, poi il tempo e poi altro, ora resta lì a guardare la sponda, altra proprietà altre storie, cose altre.
E se fosse questo il suo destino? Restare così per sempre, come roccia caduta dalla volta celeste in questo mare azzurro, l’arco e la vecchia torre, la campana che non suona l’ora. Nessuno ad abitarla, non ora non più. Isola, il mare intorno, come scoglio dove difficile è aggrapparsi.
L’Isola di Dino, e il mistero dell’origine del suo nome. Forse sull’isola sorgeva un tempio dedicato a Venere (aedina in greco antico), oppure da ‘dina’, tempesta in greco. Che importa? La barca ci aspetta per l’escursione, nessun dubbio verrà risolto, nessuna verità che vuol essere ascoltata. Navigarci intorno pensando al suo ritorno.