Varcare la soglia, oltrepassare la porta sul sentiero, costruzione in mattoni di tufo, un sentiero stretto. Oltrepassare, entrare nell’infinito.
A sud di Polignano a Mare prima che ci si dimentichi del cemento a due metri dalla statale 16, dopo aver isolato i rumori, si è pronti a percorrere il piccolo sentiero che declina verso una lingua di mare tra due costoni di roccia, è il piccolo Port’ Alga. Porticciolo di pescatori, i gozzi verdi ormeggiati in attesa di salpare. L’isolotto di San Paolo a poche centinaia di metri. Il blu profondo oltre le rocce. Le case bianche, le terrazze passaggi, le porte azzurre come un cielo in un giorno di sole, e poi la caletta con i ciottoli sui quali sostare prima di provare la sensazione dell’acqua fresca bagnare le caviglie e i piedi non ancora pronti ad abbandonare le confortevoli scarpe invernali e mettersi in mostra con il loro biancore.
Un pescatore appena rientrato 'arriccia' un polpo con mani sapienti. Restare qui e respirare il mare pensando estate, scuola di immersione lungo le pareti sondando nuove profondità, per recuperare incontri, immagazzinare ricordi buoni per i mesi invernali quando fuori il grigio è attesa di una raggiante primavera.
Le acque trasparenti regalano agli occhi nudi il guizzo argentato di un banco di pesci, donare un pezzo di pane è il biglietto per lo spettacolo, rapido banchetto.
Port’Alga, sospeso tra natura e feroce presenza dell’uomo, conserva un’anima indomita, uno spirito solitario, come poche calette hanno. Qui il selvaggio è affidato alla lenta carezza del mare, a volte al suo furore, terra che si lascia scavare. Recuperato il fiato, riprendere il cammino, verso sud, ancora. Nuove calette, nuovi incontri, stesso mare.