La crudeltà taciuta, la verità abilmente messa da parte, l’efferatezza dei gesti, è il reale che si ritrova nei versi di Alessandra Carnaroli.
Feroci forse, i versi, eppure così taglienti da lacerare i veli e arrivare nella loro profonda schiettezza a lacerare l’anima di chi legge a suggerire quasi di aprire gli occhi e tornare a pensare. Nella sezione Gaza c’è tutto ciò che vediamo ogni giorno prima di girarci dall’altra parte. “5000 donne palestinesi/ Si preparano a partorire/ Entro un mese/ Che spreco di bambini/ Nati ancora vivi” ed ancora “I bambini uccisi/ E fatti a strisce/ Sono come/ Il nastro adesivo/ Non capisci/ Mai dove iniziano/ Solo come finiscono”. Nella sezione Ucraina “Queste foto di madri/ Che salutano i figli/ Tutti maschi in partenza/ Dentro metropolitane/ che non partono/ Stazionano tra gattini infilati/ Nelle buste come beni primari/ E bambini vestiti a cipolla/ Che non sbagli”.
Alessandra Carnaroli e le sue poesie in Non si tocca la frutta però i culi nelle metropolitane, Giulio Einaudi Editore rivelano con parole precise e puntuali l’essenza del nostro tempo, e ci sono le madri. “Questa madre/ che guarda la figlia/ in mutande su instagram/ misura coi pollici la distanza/ dal ginocchio all’anca/ lo spessore di carne/ sui fianchi e le labbra/ ricorda di essere stata/ più magra ai suoi tempi/ nonostante l’assenza di filtri”.
Sono versi che raccontano il quotidiano, la banalità, gli esseri umani con una nota di ironia ed anche di sarcasmo. Sono parole, immagini, descrizioni, sono le notizie di cronaca, soo i piccoli disastri umani. Siamo noi, persi in questo tempo.