Visioni d'insieme

Il cuore dell’uomo di Jón Kalman Stefánsson

Il cuore dell’uomo di Jón Kalman Stefánsson

Il cuore di un bibliotecario è un paniere che contiene tutte le emozioni che ha vissuto nei suoi libri.

Che hanno fatto di lui prima un poeta e poi un narratore, come Jón Kalman Stefánsson scrittore islandese di stelle e di mari sconfinati inizia il suo Il cuore dell’uomo con la domanda delle domande “Dove finiscono i sogni, dove comincia la realtà? I sogni vengono dall’interno, filtrano goccia a goccia dall’universo che ciascuno di noi si porta dentro”.

L’amore, spesso malinconico, sovente un ricordo, anima il libro edito da Iperborea e tradotto da Silvia Cosimini, “Alcuni fatti ci passano attraverso e spariscono senza lasciare traccia, ma ce ne sono altri che continuiamo a rivivere perché quel che è avvenuto permane dentro di noi, colora i nostri giorni, trasforma i nostri sogni. Il passato è talmente intrecciato al nostro presente che non sempre è possibile distinguerli l’uno dall’altro, le parole che pronunci oggi torneranno a cercarti tra cinque anni, torneranno da te come un mazzo di fiori, come una consolazione, come un coltello insanguinato”.

Sempre in bilico, tra oblio e bellezza “ma niente al mondo è luminoso e limpido come il mese di giugno, i giorni e le notti si confondono, ogni ombra sparisce e il cielo resta di un azzurro eterno anche nel cuore della notte. È forse a causa di questa luce che il tempo sembra infinito e l’estate più lunga di quanto indichi il calendario? Oggi è il centunesimo giorno di giugno, ci viene da dire, mentre il calendario sostiene che sia il 15. Il centunesimo giorno, e la lice dilata lo spazio delle nostre esistenze”.

E la paura di lasciarsi sfuggire l’amore e quindi la vita, di farla scivolare via tra le dita senza saper far nulla per trattenerla “la cosa peggiore di questa vita è non poter mai fuggire da se stessi, dalla propria esistenza, chiusi come siamo in un astuccio, in un mondo che non si allontana mai da te, se non forse in sogno, ma torna non appena apri gli occhi, come si fa a sopportarlo? La cosa peggiore è non saper vivere, conoscere tutte le note e non avere una melodia”.

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