È tornato al suo antico splendore, la facciata che domina la piccola piazza risplende al sole autunnale, il portone spalancato invita a entrare.
Nel piccolo centro di Casarano, palazzo D’Elia colma le distanze tra le piazze, le auto passano con i loro guidatori concentrati a mantenere i mezzi tra i centimetri dei vicoli stretti. Il restauro concluso da poco ha restituito parte dell’antico splendore. La facciata elegante caratterizza l’omonima piazza su cui domina il balcone sostenuto da sette mensole decorate con statue. Una balaustra in pietra leccese segna la separazione tra i due ordini della facciata. Linearità, essenzialità, equilibrio, nessun fronzolo ad intaccare sobrietà. Solo lo stemma di famiglia che sormonta il portale interrompe il susseguirsi delle pietre, il profeta Elia su un carro attraversa le fiamme.
L’origine cinquecentesca è camuffata all’interno da intonaci improbabili, i pavimenti concedono colorati giochi geometrici. Sparite le piante di capperi dalle pareti restano gli odori umidi del tempo. Le stanze si aprono a nuove visite, a nuovi ingressi, qua e là qualche traccia di modernità ricorda che il susseguirsi delle porte è apertura su un nuovo locale da osservare. Le pareti spesse offrono spazi immensi per stipare merci, le volte spesso affrescate regalano visioni. Non c’è traccia di coloro i quali hanno abitato questo luogo, svaniti nel pulviscolo atmosferico che un intrigante raggio di sole attraversando il vetro di una consunta finestra mette in luce.
Eppure entrando un gesto viene spontaneo, colpire la porta con il suo battente pensando a quanti colpi abbiano annunciato l’arrivo di qualcuno. Come se il tempo fosse tutto qui, nel secco rumore di un bussatoio.