Cesare Moreno vive immerso in un mondo che è una terra di mezzo dove l’umanità è quasi nascosta alla vista di chi non la attraversa.
É un maestro di scuola elementare, un educatore e il presidente dell’associazione Maestri di strada onlus che si occupa di recuperare i dispersi della scuola. Porta avanti la sua protesta, con un paio di sandali ai piedi, utilizzati inverno ed estate, ormai da anni, contro una politica da vetrina, da grandi sorrisi e strette di mano a favor di telecamera, che lascia chi finge di aiutare “senza scarpe” per camminare.
Ha detto “Non mi preoccupano i bambini aggressivi ma quelli annoiati”, perché?
Quelli aggressivi stanno cercando di comunicare qualche cosa e io posso lavorare per riposizionare la loro energia e rivolgerla verso qualcosa di positivo, piuttosto che verso qualcosa di negativo. Nel ragazzo che vive uno stato di depressione, di noia, di astenia, invece bisogna suscitare delle energie nuove che lui non manifesta, e suscitare energie non è una cosa tanto semplice perché significa che devi ricostituire le condizioni ambientali, la cui assenza ha fatto in modo che lui perdesse la voglia di vivere pienamente la sua vita. Quindi devi fare qualche cosa che sostituisca dei genitori poco presenti, degli insegnanti distanti, degli amici poco amichevoli, devi fare un’operazione molto più complessa per ridare alle persone il gusto di vivere pienamente la vita.
Un’altra cosa che sostiene da tempo è che i ragazzi sono così presenti sulle chat, sui social perché non sono visti
Tutti gli adolescenti non sono visti, ci sta una correlazione tra i ragazzi che non sono visti perché sono in una fase di trasformazione, per cui tutte le loro vecchie conoscenze perdono valore e non ne hanno di nuove. Quindi non è un fenomeno di oggi, c’è sempre stato. Chiaramente la pandemia ha aggravato tutto questo. La presenza dei social media offre un surrogato che ieri non c’era. Non c’è quindi un rapporto di causa-effetto, ci sono anche le persone che si sentono viste e importanti e buon per loro, ma per quanto riguarda i ragazzini di 12, 13, 14 anni, dal mio osservatorio, quelli che non sono visti, con i social almeno si vedono tra di loro. In più sui social hai la possibilità di presentarti in un modo diverso da quello che sei e in un certo qual modo fa parte della sperimentazione giovanile. Ne hanno bisogno, una volta cambiando abbigliamento, una volta cambiando colore di capelli, pettinatura. I giovani devono potersi sperimentare e i social offrono un campo di sperimentazione ancora più profondo di quello che puoi fare da vicino. Da questo punto di vista consente cose che dal vivo non sono possibili. Naturalmente non tutto è positivo sui social.
Quale arma in più hanno i ragazzi rispetto agli adulti per affrontare tutto ciò che li circonda?
Nei fatti l’unica arma che hanno è di fare il massimo chiasso possibile. Molte delle manifestazioni clamorose dei giovani comprese le attività devianti, le cose trasgressive, in realtà sono delle richieste “per favore guardatemi, per favore interagite con me”. Naturalmente chi sta in una situazione incerta, di transizione, non ha a disposizione tante armi, dovrebbero essere gli educatori a capire ciò che i ragazzi non capiscono da soli. L’unico modo che hanno per esprimersi è suscitare l’interesse degli adulti e siccome gli adulti non si interessano alle cose buone che loro potrebbero fare diventa gioco forza fare cose storte.