La sua poesia, quando la pubblicava, passava del tutto inosservata, inesistente. Accadimento non certo raro nell’estrema provincia salentina.
Qui dove è più semplice che sia l’elogio funebre a riconoscere i meriti, nel giorno in cui non si conosce indifferenza, quando celebrare è porsi indisturbati sotto i riflettori. Non è capitato solo a lui, a questo poeta ignorato e rivalutato dopo il trapasso.
Vittorio Pagano, leccese, nato nel 1919 e morto nel 1979, sessant'anni dedicati alla poesia. Unico figlio maschio tra sei sorelle, Vittorio Pagano, nella sua città natale, muove i primi passi da poeta, collaborando con la rivista “Vedetta Mediterranea”, la cui sezione cultura era diretta da Oreste Macrì e Vittorio Bodini. Qui pubblicò i primi versi. Poi scrisse per “Libera Voce” della quale diventa responsabile della terza pagina. Le due collaborazioni gli consentono di conoscere poeti, critici e scrittori e di maturare il suo stile grazie anche ai consigli di Oreste Macrì con il quale intrattiene un lungo rapporto epistolare.
Pagano compone e traduce poesie di autori francesi come Mallarmè, pubblicate su “L’Albero”, la rivista dell’Accademia Salentina fondata da Girolamo Comi nel 1948. Dopo aver vinto, nel 1955, un concorso per maestro elementare, si dedicherà all’attività di insegnante al Centro di rieducazione minorile del Tribunale di Lecce. Non smette di scrivere. Sposa Marcella Romano dalla quale avrà il suo unico figlio Stefano. Dal 1956 al 1966, anno della chiusura, dirigerà l’inserto letterario della rivista “Il Critone”.
Nella sua vita ‘incontra’ i poeti che hanno segnato il novecento, Giorgio Caproni, Alfonso Gatto, Giuseppe Ungaretti, Mario Luzi, ma anche Leonardo Sinisgalli, Luciano Anceschi, Attilio Bertolucci e Carlo Bo.
La sua produzione poetica vede la luce in sei anni dal 1958 al 1964. Poi deluso dalla critica scriverà nottetempo nella sua casa.
Le sue opere sono liriche che prendono musica vertiginosamente, versi in cui prendono forma le malinconie e le inquietudini, in cui riecheggiano suoni lontani. Versi che dettano un tempo, che scorre, che raccontano un luogo, un Sud del mondo. Sono impressioni, riflessioni, anche un poetico tergiversare. Sono dediche, sono viaggi, mentali, nei meandri della vita e della morte. Sono addii.