Bianco come le pagine del libro, bianco come le parole che compongono il poema, bianco come la distanza tra lei e lui, bianco come l’assenza.
Poema bianco di Pasquale Panella è intimo come le parole mai pronunciate, come i pensieri che si affollano nella mente, come gli abissi della memoria. Pasquale Panella lo si può incontrare nei testi di alcune canzoni, che segnano la musica italiana come ninfee di bellezza in uno stagno di acqua sporca, e nei teatri con il libretto dello spettacolo Notre Dame de Paris di Riccardo Cocciante e Giulietta e Romeo. Paroliere si dirà e scrittore ma sempre e pur sempre poeta di musicalità, di parole che si inseguono e si susseguono con il ritmo serrato di chi rotola giù lungo il pendio a cui non segue uno schianto ma un nuova risalita, impennarsi su per la cima. Parole, un soliloquio che tale non è in questo Poema bianco, dove il lettore ha tutt’altro ruolo che leggere, ha potere di interrompere e restituire, musicalità. Poema bianco di assonanze, di rumori che si alternano e si confondono, similitudini, grammatica e sintassi, parole e gioco, di parole. Poema privo di trame, è dissolvenza. È negare le parole, spoetizzare, affidare al lettore protagonista, lontano da lui e da lei, l’immobilità del sentimento. Oltre il tutto e oltre la parola, fino alla fine. Non si legge in silenzio Poema bianco di Pasquale Panella, Miraggi edizioni. Si legge ad alta voce, respirando con il diaframma e con la testa, arrivando alla vertigine dell’esistenza, la parola. Ed è la fine, conclusione di un poema che esiste in quanto tale, spazio di un libro, distanza da riempire. Fine.