Consigliare un libro non è mai una cosa semplice; ci sono troppe variabili che possono influenzarci, e soprattutto non è detto che ciò che piace a noi risulti gradevole ad altri.
Ma, ho imparato una cosa in tutti questi anni trascorsi tra le pagine dei libri: all’interno di ogni storia, se si ha la pazienza di cercare, c’è un tasto.
Un piccolo tasto di legno levigato, che se premuto al momento giusto tocca le nostre corde e rimbomba nella nostra cassa toracica; e a volte, se siamo fortunati, quella nota si ripete e si propaga in noi per l’eternità.
Questo è ciò che cerco di fare io quando consiglio un libro, cercare quel tasto e metterlo a vostra disposizione.
Sulla base di ciò che vi ho appena detto, il primo consiglio che ho il piacere di offrirvi riguarda il mio preferito: “Il buio oltre la siepe”, libro con cui Harper Lee ha vinto il Premio Pulitzer nel 1961.
Siamo negli anni trenta, a Maycomb, Alabama, e questa storia ci viene raccontata da Scout Finch, una bambina.
Sarà lei con la sua voce sincera e spassionata a narrarci la vicenda di Tom Robinson, un afroamericano accusato di violenza carnale, la cui difesa in giudizio verrà affidata ad Atticus Finch, il padre di Scout, e i terribili eventi che seguirono.
Tema cardine del romanzo è la diversità; anzi, il modo in cui si sceglie di affrontare la diversità. “Il buio” del titolo sta a rappresentare la paura che genera il pregiudizio negli abitanti di Maycomb;pregiudizio che nasce in loro quando si trovano al cospetto di ciò che ritengono diverso, e che li porterà a commettere azioni basse e meschine.
Mi rendo conto che come base potrebbe non essere incoraggiante, ma Harper Lee fa una cosa bellissima: premendo un interruttore invisibile accende una luce; e quella radiazione luminosa inizialmente sommessa, poi sempre più abbagliante con lo scorrere delle pagine, porta il nome di Atticus Finch.
“Avere coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda”.
Ecco dove sta la potenza di quella luce: nel coraggio.
Nel coraggio di restare fedeli a sé stessi, anche se questo significa andare contro tutto e tutti, perché l’unica persona con cui ci dobbiamo confrontare ogni giorno della nostra vita siamo noi; e se non ci rispettiamo noi per primi, come possiamo pensare che ci rispettino gli altri?
Altrettanto potente è il modo in cui la luce paterna si propaga su Scout e Jem, i suoi figli, che assorbono coraggio, senso della giustizia, onestà, e ne fanno un’armatura per difendersi dal pregiudizio e dalla rabbia cieca degli abitanti della contea.
Mi piacerebbe che ogni persona provasse a leggere questo libro una volta nella vita, per assimilare un po’ di quella luce, che fa sempre comodo, ma nei tempi bui serve un po’ di più.
Questo libro è per chi sente quel toro che scalcia furioso nel petto ogni volta che un’ingiustizia viene perpetrata, ma soprattutto per chi non rinuncia alla speranza e alla ricerca incessante del buono nelle persone, nonostante tutto.