Un linguaggio vivo per una poesia che coglie la realtà fatta di contraddizioni, di visioni diverse, di tradizioni stratificate nel tempo.
E della volontà di scardinare pensieri prestabiliti. A una poesia non ancora nata è il titolo della raccolta di testi di Arundhathi Subramanian edita da Internopoesia con traduzione di Andrea Sirotti.
La poesia, la lirica è lo spazio nel quale la lingua trova la sua espressione superando le barriere del linguaggio aprendosi a interpretazioni capaci di affrontare le problematiche del tempo dando loro voce. “Dammi una casa/ che non è mia,/ dove posso entrare e uscire dalle stanze/ senza lasciar traccia,/ senza mai preoccuparmi dell’idraulico,/ del colore delle tende,/ della cacofonia di libri accanto al letto./ una casa leggera da indossare,/ dove le stanze non sono ostruite/ delle conversazioni di ieri,/ dove l’ego non si gonfia/ a riempire gli interstizi./ Una casa come questo corpo,/ così aliena quando provo a farne parte,/ così accogliente/ quando decido che sono solo in vista”.
Arundhathi Subramanian, nata a Mumbai nel 1967, è giornalista freelance e critica di danza, arte e spettacolo. È una delle voci più affermate e originali della scena poetica indiana in lingua inglese. La sua poesia ha un suono capace di scandire il verso rendendolo musicale, eppure leggendo si ascolta anche il silenzio. Le poesie sono importanti, “È stato forse snobismo/ (o abitudine)/ volere/ la porosità,/ preferire il cotone, ad esempio,/ con le sue grezze simmetrie,/ al poliestere/ o all’untuoso rayon./ Ma è questo, credo,/ che abbiamo sempre cercato - una tessitura/ che osa abbracciare/ l’aria,/ questa quiete di lini, questi orli sfrangiati,/ luoghi dove il pensiero/ corre/ consunto,/ dove i colori sanguinano in/ qualcosa di vasto e blu/ come il cielo,/ questi stracci/ in pace, quasi/ col grande oltraggio/ del non esserci./ C’è voluto del tempo/ per capire/ che le poesie sono importanti/ perché hanno i buchi”.
Una poesia che è crescita interiore, maturazione, conoscenza.