Il 16 giugno 1961 Rudolf Nureyev rinasce per una seconda volta.
Roccambolescamente, come la prima volta, su un vagone della Transiberiana, mentre la madre raggiungeva il padre, commissario dell’Armata Rossa a Khamet. Ultimo di cinque figli visse in un villaggio tra i boschi, con la famiglia sfollata da Mosca. Talmente poveri, ricorderà in seguito da mangiare le cortecce degli alberi.
“La danza è tutta la mia vita. Esiste in me una predestinazione, uno spirito che non tutti hanno. Devo portare fino in fondo questo destino: intrapresa questa via non si può più tornare indietro. È la mia condanna, forse, ma anche la mia felicità. Se mi chiedessero quando smetterò di danzare, risponderei quando finirò di vivere”.
Nel 1955 fece due provini, uno per l’Accademia di danza Vaganova del teatro Kirov e l’altro per l’Accademia di danza del teatro Bol’šoj. Li supera entrambi ma sceglie la prima, quella dove hanno studiato Nižinskij, Pavlova e Ulanova.
Aveva 17 anni, troppo grande, ma il suo era un talento innegabile. Tre anni dopo si diploma ed entra nella compagnia di balletto del teatro Kirov, con lui anche un giovanissimo Michail Baryšnikov.
Con la sua danza illumina il mondo, in estasi per questo giovane russo, “il tartaro danzante” che si sente libero solo quando balla. Il regime impone, a lui come a tutti i suoi cittadini, regole troppo rigide di vita.
Il 16 giugno è a Parigi, la sua compagnia deve partire per Londra, ma il Kgb decide che per lui è il momento di tornare nella madre patria. Troppo irrequieto, per niente docile, ogni sera dopo lo spettacolo esce e fa tardi con i suoi nuovi amici occidentali. Respira la libertà che gli è preclusa in Russia. Diventa amico di Clara Saint, nuora di André Malraux, ministro della Cultura.
Il primo ballerino dell’Opéra di Parigi, Pierre Lacotte lo raggiunge all’aeroporto per salutarlo. Le guardie del Kgb lo invitano a seguirlo, dovrà esibirsi in Russia, lasciando la sua compagnia. In quell’attimo gli balena davanti agli occhi tutta la sua vita e decide di fuggire. Raggiunge Lacotte al bar “Aiutami, voglio restare qui!”, chiamano Saint, lei arriva e lo trova tra le due guardie del Kgb seduto al bar. Lei li sussurra all’orecchio qualcosa, lui capisce al volo e scappa, verso due poliziotti francesi lì per lui “Voglio stare qui, voglio stare qui!” urla Nureyev. I poliziotti lo portano nella stanza di riflessione. Ha venti minuti per decidere se tornare indietro imbarcandosi per la Russia con i due agenti o iniziare le pratiche per la richiesta di asilo politico. La decisione si palesa davanti a lui attraverso due porte, in base a quella che sceglierà, il suo destino cambierà per sempre. Sceglie quella del commissariato. Sceglie la libertà. La Russia perde la sua punta di diamante, lo condanna in contumacia per alto tradimento. Lui ormai hai spiccato il volo. Danza su tutti i palchi del mondo e vive libero così come ha sempre danzato. Per qualcuno è stato il più grande di tutti, per altri quanto meno è nell’Olimpo. Lui al proposito disse “Ognuno vorrebbe essere il più grande ma Dio non può accordare questo onore a tutti”.