È sulle pagine bianche che un dialogo di sentimenti impossibili prende forma grazie alle parole, ai versi, nero inchiostro che fissa il limite.
Dell’agire. Sono versi poetici, filo sottile che lega due figure, rivelano un sentimento, che scocca come una freccia da un arco teso dalle impossibili trame, che non può esserci, l’amore della paziente per il suo psicanalista.
Il signore d’oro di Vivian Lamarque edito da Crocetti è una “storia di analisi”. È una storia d’amore mai corrisposto per il dottor B. M., psicoanalista junghiano. Vivian Lamarque lo incontra il “14 febbraio del 1984, avevo 38 anni. Da anni sentivo forte necessità di un soccorso”. Un amore impossibile che si rafforza giorno dopo nel mondo irreale dell’immaginario e in queste pagine si esplicita analiticamente, sezionandosi per far emergere le contraddizioni con il reale. In queste pagine si compie l’indagine del sentimento.
“Nei sogni baciabilissimo, intoccabile come un filo scoperto nella realtà, era quel signore./ Allora come fare?/ Bastava confondere un poco sogno e realtà, cancellare con una bianca gomma l’inutile linea di confine”.
Ed accanto al signore d’oro c’è anche la signora. “Una signora voleva tanto dargli dei baci, non dico troppi, anche solo 7-8 (mila)./ Invece era proibito perciò non glieli dava. Se però non fosse stato proibito glieli avrebbe dati tutti, dal primo all’ultimo./ A cosa servono i baci se non si danno?”.
Il signore e la signora, che su queste pagine si raccontano, si incontrano nell’ultima poesia, il primo incontro. “Erano un signore e una signora che si erano conosciuti lo stesso giorno./ Che ore erano?/ Le dieci e trenta./ E dove erano?/ Erano sotto il livello stradale di 4o5 gradini./ E come avvenne?/ La signora suonò alla porta e il signore aprì./ E dopo?”.