Lo so che non sarai mai mio, io sarò solo il vento che non senti, seta che soffre sul tuo petto muto.
Pier Paolo Pasolini scriveva parole d’amore perdute in quel vento che soffiava portandosi via. Sarà vero che lui non è mai stato suo, ma il vento, il suo vento, lo sentiamo soffiare su di noi. “Vedo che la vita vissuta sotto il segno di una verità ignota, così va tutta perduta e tutta su di me ricadrà…”.
Carne e cielo, di Pier Paolo Pasolini edito da Salani raccoglie alcune sue poesie, in ordine sparso tra gli anni Quaranta e Settanta, non tutte datate, ma che raccontano una storia che solo in parte conosciamo. “Le nuvole si sprofondano lucide, dentro le pozze roventi d’azzurro e i rami si perdono nel sole. Questo è il tempo in cui rido, in cui piango, questo è il tempo in cui attendo la grazia, questo è il tempo in cui sono felice, questo è il tempo in cui vago per i campi, questo è il tempo in cui guardo i cieli…”.
Pasolini e il suo tratto sempre disilluso ma non privo di incanto. Di chi ha vissuto e sa che prima o poi, ineluttabile arriva ogni fine.
“C’è un silenzio più alto del silenzio, di questo sabato sera che cade - non so se dalla mia anima o dall’immenso vuoto primaverile delle strade - sulla mia casa”. Era un poeta ancor prima che scrivesse, era un poeta ad ogni respiro, era un poeta per la delicatezza del suo tocco. Amaro, fresco, appassionato. Ti sfiora l’anima lui che sa riconoscerla e tra mille riconosciamo lui e le sue parole “Solo l’amare, solo il conoscere conta, non l’aver amato, non l’aver conosciuto. Dà angoscia il vivere di un consumato amore”.