Sfogliare strato dopo strato sino ad arrivare il più vicino possibile ad una qualche forma di verità appartiene a pochi.
Uno di questi era Pier Paolo Pasolini che nei suoi Scritti Corsari, edito da Garzanti, dimostra ancora una volta il suo ergersi al di sopra di quella “invisibile omologazione culturale” di cui tanto ha scritto.
“I nuovi valori consumistici prevedono infatti il laicismo (?), la tolleranza (?) e l’edonismo più scatenato, tale da ridicolizzare risparmio, previdenza, rispettabilità, pudore, ritegno e insomma tutti i vecchi «buoni sentimenti»” scrive Pasolini rivelando la capacità sua, comune solo ai grandi di essere attuali se non proiettati nel futuro anche a distanza di quaranta o cinquant’anni da quando quelle parole sono state scritte.
Ponendosi poi al centro di un dibattito che oggi appare forte come ieri scrive “Ho sempre pensato, come qualsiasi persona normale, che dietro a chi scrive ci debba essere necessità di scrivere, libertà, autenticità, rischio. Pensare che ci debba essere qualcosa di sociale e di ufficiale che «fissi» l’autorevolezza di qualcuno, è un pensiero, appunto aberrante, dovuto evidentemente alla deformazione di chi non sappia più concepire verità al di fuori dell’autorità.”
Pasolini non ha vissuto l’era digitale, il sovranismo, l’appartenenza ad una singola grande verità, una certa superficialità d’intenti e di vedute ma ne ha tracciato in pieno i contorni, senza sbavature “L’interpretazione puramente pragmatica (senza Carità) delle azioni umane deriva dunque in conclusione da questa assenza di cultura: o perlomeno da questa cultura puramente formale e pratica. Tale assenza di cultura diviene anch’essa a sua volta offensiva della dignità dell’uomo quando essa si manifesta esplicitamente come disprezzo della cultura moderna, e altro non esprime dunque che la violenza e l’ignoranza di un mondo repressivo come totalità”.
E a netto delle opinioni, che sono sempre personali, resta il grande merito di essere stato per scelta ai margini e proprio per questo passo indietro va letto oggi come allora. “Io non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza: se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall’essermi messo in condizione di non avere niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con il lettore”.
Cos’altro dire?