Cosa bolle nella pignata in terracotta marrone e rossa, sul camino tra la brace e le fiamme della legna ardente? Giallo, piccolo, tondeggiante.
È il pisello secco di Vitigliano. Un legume coltivato solo qui, in questo lembo di terra a pochi chilometri dall’Adriatico. Di lui si erano quasi perse le tracce, coltivazioni e sementi tramandati di padre in figlio e poi l’industrializzazione, distretto calzaturiero, ha sottratto braccia all’agricoltura da destinare a meno salutari politiche commerciali.
Lui però, il pisello, è sopravvissuto. Un vecchio agricoltore ha lasciato la sua esperienza e i suoi semi ad un giovane appassionato che oggi lo produce.
Il pisello secco di Vitigliano, piccola frazione di Santa Cesarea, tiene la cottura ed è il principe delle pignate nei mesi invernali, giallo come l’erba in estate sconfitta dal sole, come la terra arsa dallo scirocco e non verde come il pisello nano di Zollino.
Lui non teme concorrenza, sa di essere buono, di conservare in sé tradizione e identità, nessuna sofisticazione. Il pisello secco di Vitigliano, piseddhu cucìulu, si raccoglie nel mese di giugno, mietitura rigorosamente a mano alle prime luci dell’alba. Le piante vengono raccolte in fasci tondi e battute sull’aia. Il pisello si separa dalla pianta, invade le pietre e attende un ultimo processo. Grazie a rapidi quanto precisi gesti, è lanciato in aria e qui si separa dai resti leggeri delle piante.
Non è facile acquistare il pisello secco di Vitigliano ma se doveste imbattervi in questo luogo chiedete di Giuseppe Bene, lui si dedica attivamente alla produzione del pisello, è lui il custode dei semi e del segreto, è lui che coltiva a chilometro zero.
Gustare un piatto di piselli secchi gialli cotti in pignata in purezza, filo d’olio extravergine, è un piacere per il palato. Da accompagnare, se si amano i sapori forti, con due caruselle sott’aceto.