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Viaggio alla scoperta della biodiversità

Viaggio alla scoperta della biodiversità

Tra le pagine dei giornali, tra le righe dei decreti, nei saggi scientifici sulle riviste patinate di moda, una parola è spesso presente 'biodiversità' che è varietà, è moltitudine, al contrario di una società che punta sull'individualismo e la solitudine.

L’Ispra (istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) sostiene che: “La biodiversità rafforza la produttività di un qualsiasi ecosistema. E’ stato dimostrato che la perdita di biodiversità contribuisce all’insicurezza alimentare ed energetica, aumenta la vulnerabilità ai disastri naturali, come inondazioni o tempeste tropicali, diminuisce il livello della salute all’interno della società, riduce la disponibilità e la qualità delle risorse idriche e impoverisce le tradizioni culturali”.

Nonostante ciò, stando all’ultimo rapporto della Commissione Europea sul monitoraggio della biodiversità in Europa, l’impegno preso dagli Stati Membri nel 2011 è stato inefficace, non ci sono stati miglioramenti sullo stato della biodiversità in agricoltura né sono stati fatti passi avanti verso gli obiettivi fissati per il 2020.

Delle circa 300 mila specie vegetali commestibili conosciute, solamente 150-200 vengono utilizzate dall’uomo. Anche se poi il 60% dell’apporto calorico e proteico da vegetali proviene da solo tre specie: riso, mais e grano. Allargando il raggio d’azione a tutto il cibo prodotto e consumato, ben tre quarti di questo deriva da 12 specie vegetali e 5 animali.

La Fao ha chiesto a Governi e produttori di invertire la rotta e scegliere un modello agroalimentare sostenibile. L’agricoltura industriale, sarebbe infatti una delle cause principali della drastica riduzione della biodiversità in tutto il mondo.

Anche la Commissione si muove in questa direzione fissando sei obiettivi chiave (le specie e gli habitat; gli ecosistemi; l’agricoltura e le risorse forestali; la pesca e le risorse ittiche; le specie aliene invasive; la perdita di biodiversità). Focalizzandoci sull’agricoltura, il rapporto individua nelle pratiche agricole intensive e nell’abbandono delle campagne, insieme alla crescente urbanizzazione e all’inquinamento chimico, i principali responsabili della perdita di biodiversità.

Slow Food per preservare la biodiversità e cercare di evitare che scompaiano per sempre gran parte dei prodotti tipici, ha creato una sorta di database mondiale, mappando Paese per Paese, regione per regione, le tipicità locali. Ne ha censiti 5.038 nel Mondo, 870 in Italia e di questi 37 in Puglia.

Trentasette eccellenze locali che rischiano di scomparire.

L’albicocca di Galàtone, il biscotto di Ceglie, il caciocavallo podolico del Gargano, Canestrato pugliese, capocollo di Martina Franca, Capra garganica, carosello, carote di Polignano, Cece nero della Murgia Carsica, Cece rosso di Cassano, cipolla rossa di Acquaviva, il cole rizze, la farinella di Putignano, la Fava di Carpino, il fico mandorlato di San Michele Salentino, la lenticchia di Altamura, il maiale nero dei Monti Dauni, la mandorla di Toritto, la manteca podolica, la marzotica, il miele di rosmarino, il pallone di Gravina, il pane dell’Alta Murgia, la pecora altamurana, la pecora leccese, il pisello nano di Zollino, il pisello riccio di Sannicola, il pisello secco di Vitigliano, il pomodorino di Manduria, il pomodoro fischietto di Torre Guaceto, il pomodoro giallorosso di Crispiano, il pomodoro regina di Torre Canne, la ricotta forte, la Scèblasti di Zollino, il sospiro di Bisceglie, l’uva baresana e la vacca podalica del Gargano.

Prima che scompaiano però ve le faremo conoscere, una per una queste eccellenze che sono varietà identitarie di un ‘territoire’.

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