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La radiosa magnificenza del futuro

La radiosa magnificenza del futuro

Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.

Il primo punto del manifesto del futurismo spiega una certa idea dell’arte fatta di coraggio, audacia e ribellione. La degenerazione politica la trascuriamo e ci soffermiamo su una certa esaltazione palpabile in ogni opera.

La “radiosa magnificenza del futuro” appare in ognuna delle cinquantotto opere d’arte che ripercorrono il Novecento, affacciandosi negli anni Duemila in quella piccola parte della collezione privata Giuliani, in mostra al castello di Conversano sino al 15 giugno. Passione ‘900. Dal futurismo al nuovo millennio, è il titolo della mostra che si apre con un ritratto (dello stesso Francesco Giuliani) dipinto da Andrea Martinelli, dove l’avvocato di Martina Franca pare riflettersi in uno specchio coperto di cipria e polveri colorate.

Le sale si susseguono e il futurismo si racconta. E con lui il surrealismo e tutto ciò che è stato, a venire.

C’è Gianni Dova, firmatario del manifesto Oltre Guernica nel quale riconosceva l’imprescindibile impegno politico dell’arte, con il suo Arena (1961-1962), dove l’acquamarina erompe sulla scena come mare e cielo.

Carlo Levi, sempre in bilico tra scrittura e pittura, dopo il confino, dopo la grazia, dopo il capolavoro di Cristo si è fermato ad Eboli, sono gli anni Sessanta e dipinge il verde che si riflette nell’argento in Uliveto.

C’è Piazza d’Italia, il capolavoro universale di Giorgio de Chirico, nel 1925 l’artista delle sue piazze scrisse “avevo ancora in mente la capitale piemontese; la città monarchica con le sue piazze abitate da scienziati e re, da politici e da guerrieri, fermi in pose stanche e solenni sui loro piedistalli di pietra, avevo ancora in mente tutto lo strano lirismo della sua fatale costruzione geometrica”.

C’è Giacomo Balla che mai dimentica il suo intento di “ricostruire l'universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente” e dipinge su due fronti un cartonato. Da un lato, nel 1915 realizza una Scomposizione astratta unendo tempere e carte colorate dall’altro, tre anni dopo dipinge il Ritratto futurista di Lady Ottoline Morrell.

E ancora la delicata poesia dei Fiori di Filippo De Pisis, i volti cubisti di Bruno Landi.

C’è un tempo in cui l’arte era una dichiarazione d’intenti, una presa di posizione. Un tempo in cui “nel sole con voi mi nascondo nel folto dei pioppi e aspetto le stelle”.

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