Stanca dello spirito borghese, dei salotti, della ricchezza fine a se stessa, Goliarda Sapienza cerca e trova nel carcere una vita nuova.
Eleva Rebibbia a rango di università dove reimparare cos’è la vita e cosa sono i rapporti umani.
Ci capita in seguito ad uno scandalo, lei che portava con se il retaggio di una famiglia importante, figlia dell’avvocato socialista Giuseppe Sapienza e della sindacalista Maria Giudice, membro della resistenza, scrittrice di fama internazionale, si ridusse in povertà per scrivere quello che considerava il suo capolavoro, L’arte della gioia. Ruba dei gioielli in casa di una ricca conoscente, arrestata, viene detenuta a Rebibbia, dove nasce il libro che la porta a rinascere, L’università di Rebibbia, edito la prima volta da Rizzoli nel 1983 e tornato in stampa da Einaudi in una versione a cura Angelo Pellegrino, marito della Sapienza.
“Fra queste mura, inconsapevolmente, si sta tentando qualcosa di veramente nuovo: la fusione dell'esperienza con l'utopia attraverso il contatto fra i pochi vecchi che hanno saputo capire la propria vita e i giovani che anelano a sapere, la congiunzione del cerchio biologico che racchiude il passato col presente senza frattura di morte. Si insinua nella mente una speranza, speranza incerta, forse menzognera ma viva: in questo luogo arriva - anche se per vie traverse - l’unico potenziale rivoluzionario che ancora sopravvive all’appiattimento e alla banalizzazione quasi totale che trionfa fuori”.
Le brutture, la sporcizia, acuiscono il suo senso sociale, lei capace di sfuriate come solo la Morante sapeva fare, cova in sé un disprezzo per il sistema che disumanizza chi ancora ha una umanità “Domandina, educatore, guardiana, spesina... La riforma carceraria ha dato un tono di grazia infantile al suo linguaggio sperando di abbonire la furia selvaggia che si impossessa di chi è costretto a prendere la cittadinanza di questo paese”.
Nonostante tutto, si innamora di quelle persone, di quella vita per lei vera e piena di significato che non dimenticherà mai. “Vedi, qui la giornata è cosí piena di avvenimenti che alla fine diviene come una droga... Si torna a vivere in una piccola collettività dove le tue azioni sono seguite, approvate se sei nel giusto, insomma riconosciute. Tutte capiscono perfettamente chi sei - e tu lo senti - in poche parole non sei sola come fuori…”.