Nella piazza deserta in un afoso pomeriggio di settembre, quando la città riposa e i gestori dei locali pensano al dopopranzo, lui dorme.
Sornione ignora il silenzio irreale che lo circonda, tranquillo non è minimamente disturbato dalla presenza umana capitata lì per caso in attesa che i monumenti riaprano al pubblico. Lui, il gatto, comodamente accoccolato su una panchina malmessa, il legno usurato dal sole, è impassibile.
30 gradi, un timido vento di tramontana rende l’aria respirabile, e lui il gatto dal pelo grigio-arancio muove d’un tratto la coda, non scaccia mosche ma da un segnale di vitalità. Che cosa pensa un gatto quando non dorme, quando se ne sta così all’ombra disteso su una panchina. Pensa al cibo? Frittura di pesce, carne in scatoletta, topini da cacciare? Qualunque cosa lui stia pensando lo fa con un’elegante non curanza.
Poco più in là una giovane gatta grigio chiaro, dal pelo pulito e lucente, osserva me e il suo amico sulla panchina, con passo felino ci raggiunge e poi corre via per fermarsi poco distante. Lui l’ha sentita passare, si tira su, stiracchia le zampe anteriori poi quelle posteriori, la guarda e con fare maestoso si raggomitola e chiude gli occhi. Lei lo guarda compiaciuta prima di andare via. Che cosa si siano detti non si sa.
Mi avvicino per guardarlo meglio, anche lui ha il pelo pulito. Apre appena gli occhi per guardarmi, mi seggo sulla sua stessa panchina. Lui mi lascia fare.
Ehi gatto che diavolo ci fai qui? Che pensi?
Ascolto la sua risposta, faccio quello che fai tu ma se devi parlare scegliti un’altra panchina.
Restiamo in silenzio ognuno nel proprio angolo, all’ombra, occhi chiusi. Io vedo un mare che non ho mai visto ed una barca a vela, e a prua lui il gatto.