La faccia alla Groucho Marx, le sopracciglia folte e scure, i lunghi baffi, il naso grande, le mani da costruttore di ingranaggi
complicatissimi, lo sguardo acuto e nell’insieme un che di canzonatorio e beffardo. Jean Tinguely ha creato mondi in movimento.
“Tutto si muove continuamente. L’immobilità non esiste. Non essere soggetto all’influenza di concetti obsoleti. Dimentica ore, secondi e minuti. Accetta l'instabilità. Vivi nel tempo. Sii statico - con il movimento. Per una staticità del movimento presente. Resisti al desiderio ansioso di fissare l’istantaneo, di uccidere ciò che è vivo. Smetti di insistere su “valori” che possono solo crollare. Sii libero, vivi. Smetti di dipingere il tempo. Smetti di evocare movimenti e gesti. Tu sei movimento e gesto. Smetti di costruire cattedrali e piramidi che sono destinate a cadere in rovina. Vivi nel presente, vivi ancora una volta nel Tempo e attraverso il Tempo - per una realtà meravigliosa e assoluta”.
Tinguely pensava in grande e immaginava maestosamente un mondo movente. Fluire sull’onda del tempo senza tentare di fermarla era il suo unico credo. Costruisce le sue prime macchine in movimento ancora adolescente sfruttando il moto dell’acqua, da lì il passo verso Hannibal I, la prima delle sue macchine gigantesche è breve.
Nel 1958 con l’amico Yves Klein realizza la mostra Vitesse pure et stabilité monochrome, un tripudio di blu Klein che riempie ogni spazio, azzurro perfetto.
Il suo sogno più grande è Gigantoleum immaginata con l’amico Bernhard Luginbühl con cui si trasferisce a Neyruz nel Cantone di Friburgo per creare un’opera che contenesse in sé ogni espressione artistica, avrebbe dovuto contenere anche un circo, un luna park, un cinema, un teatro, un ristorante e una voliera capace di dare dimora a migliaia di uccelli.
Immensa, assoluta, ma nessuno ebbe il coraggio di finanziarla, così ripiegò su Cyclop, grandioso anch’esso, quindici anni di progettazione e l’aiuto della moglie Niki de Saint Phalle e di tanti amici artisti. Un lavoro immaginifico di cui non fece in tempo a vederne la fine, fu inaugurato nei boschi di Milly-la-Forêt dal presidente Mitterand nel 1994, tre anni dopo la sua morte.
Una immensa testa senza corpo alta 22,5 metri, realizzata con 350 tonnellate di acciaio, tutta ricoperta di specchi, un occhio ciclopico, una bocca da cui cola acqua su una lingua scivolosa, un solo orecchio pesante una tonnellate e al suo interno un microcosmo di sculture sonore, un piccolo teatro automatico, macchinari con ingranaggi di rottami metallici. L’utopia di un manipolo di artisti sognatori.
“Le cose, le idee, le opere e le credenze immobili, certe e permanenti cambiano, si trasformano e si disintegrano... Il movimento è l’unica cosa statica, finale, permanente e certa. Statico significa trasformazione... Non trattenere nulla... Non individuare nulla!... Inganniamo noi stessi se chiudiamo gli occhi e rifiutiamo di riconoscere il cambiamento... La decomposizione inizia solo quando cerchiamo di impedirlo... Noi vorremmo tanto possedere, pensare o essere qualcosa di statico, eterno e permanente. Ma il nostro unico possesso eterno sarà cambiato... Tentare di trattenere un istante è dubbio. Legare un'emozione è impensabile. Pietrificare l’amore è impossibile... Quanto è bello essere transitori. Com’è bello non dover vivere per sempre.”
Le sue opere sono un gioco, un divertimento, una scoperta, ci inserisce ogni cosa, sempre mettendo al centro la sua quarta dimensione, il movimento, sovrano in ogni opera. Realizza i suoi giganti con ferro, vecchi ingranaggi, peluche, materiali di scarto, nani da giardino. Crea un mondo che abita il mondo che lo contiene.
“Tutto si muove continuamente. L'immobilità non esiste. Non essere soggetto all'influenza di concetti obsoleti. Dimentica ore, secondi e minuti. Accetta l'instabilità. Vivi nel tempo. Sii statico - con il movimento. Per una staticità del movimento presente. Resisti al desiderio ansioso di fissare l'istantaneo, di uccidere ciò che è vivo. Smetti di insistere su "valori" che possono solo crollare. Sii libero, vivi. Smetti di dipingere il tempo. Smetti di evocare movimenti e gesti. Tu sei movimento e gesto. Smetti di costruire cattedrali e piramidi che sono destinate a cadere in rovina. Vivi nel presente, vivi ancora una volta nel Tempo e attraverso il Tempo - per una realtà meravigliosa e assoluta”.
Si definiva un ingegnere dell’arte, costruiva moti che sono “libertà, caos liberatorio, fuga dalla morte”. Tinguely amava il movimento, Niki il colore, insieme hanno portato i visitatori delle loro opere attraverso lo specchio alla scoperta di mondi che non sapevano di poter varcare. Tutto come fosse un attimo, un sogno, un respiro appena.
“Volevo qualcosa di effimero, che passasse come una stella cadente e, soprattutto, che fosse impossibile da riassorbire per i musei. Non volevo che fosse 'musealizzato'. L'opera doveva passare, far sognare e parlare, e questo sarebbe stato tutto, il giorno dopo non sarebbe rimasto più niente, tutto sarebbe tornato nei bidoni della spazzatura.”