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Anime pezzentelle, tra fede e speranze

Anime pezzentelle, tra fede e speranze

Potresti, se non ci fossero il vociare della gente e il fruscio degli abiti che si sfiorano, ascoltare le loro voci. Se solo tu volessi.

Non vuoi, ti perdi nella folla, nei due serpentoni che scorrono in direzioni opposte lungo via dei Tribunali, a Napoli, ma non resti indifferente al richiamo della facciata della chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, la chiesa “de’ ‘e cape ‘e morte”. Salire le scale e affacciarsi nella piccola chiesa del ‘600. Comprare il biglietto di ingresso per poter accedere nell’ipogeo, spoglio, disadorno, volutamente scarno, al centro un’ampia tomba anonima. Catene nere ai quattro lati della tomba, nere, come la croce alla parete. Questo è il regno delle anime pezzentelle, anonime, abbandonate che non conoscono il compianto dei congiunti.

Scendere è scoprire una luce fioca su un mistero tra vita e morte e tra morte e altro regno. Le anime pezzentelle chiedono che la loro pena venga alleviata, coloro che le adottano chiedono grazie. Un culto, una credenza, una consuetudine rituale popolare adottare un teschio. Fede e preghiere, invocazioni e speranze si incontrano, si intersecano, i teschi come tramite per la protezione. E qui tra un teschio ed un altro, tra le monetine e i piccoli doni, ti chiedi se anche tu hai una grazia da domandare agli incavi degli occhi. Risalire e ritrovarsi nella chiesa, balaustra in marmo e l’altare settecentesco, la pala della Madonna delle Anime Purgante di Massimo Stanzione e al di sotto il Teschio alato di Dioniso Lazzari.  

Ritorni alla luce del sole, al vociare scomposto dei turisti, le anime pezzentelle usano altri toni che invadono i silenzi dei pensatori e degli “intellettualmente superiori”.

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