Cosa succede se due tra le più brillanti menti del Novecento si incontrano, diventano amici e si amano nel modo in cui sanno amarsi.
Non basterebbe l’Atlantico per contenerli. Quello stesso Atlantico ammirato da lei “Questo pomeriggio sono rimasta seduta per un’ora (ma forse eran dieci minuti) a cercare di capire come descrivere il colore dell’Atlantico. Ha strani brividi di verde e viola, ma a chiamarli rossori si introdurrebbe una sgradevole associazione con la carne fresca” e di cui lui, indifferente alle bellezza della natura le chiede “Ti basta l’Atlantico?”.
Lei è Virgina Woolf, lui è Lytton Strachey, insieme sono l’apice del Bloomsbury group e per 25 anni hanno riversato nelle loro lettere il flusso continuo dei loro pensieri. In cui è perfettamente naturale che quando lei gli scrive che farà un viaggio in Italia lui le risponda “Quando sarai tra i tuoi ulivi ricorda, di tanto in tanto questo scribacchiante spettro pieno di panico, dal cui cervello fantasmagorico sgorgano perenni (ma invano! invano!) mille frenesie”.
Appartengono ad un altro mondo. In cui essere, raccontarsi, vivere hanno un altro senso.
Lei che legge le sue poesie solo quando “mi capita di sentirmi pura”, lui perennemente avvolto nella noia nobiliare delle sue giornate, figlio di un sir inglese vecchio stampo e di una suffragetta, ci lancia perle dalla collana con cui si trastulla “più avanzo con l’età e più mi convinco che le conclusioni straordinarie sono le uniche che mi interessino”.
Parlano di tutto e in questo tutto naturalmente c’è la letteratura. C’è Dostoevskij “sono andata completamente in tilt con Delitto e Castigo…è assolutamente ovvio che sia il più grande scrittore mai nato”. Lo ama su tutti, decisamente meno Henry James “non ci vedo altro che acqua di rose blandamente colorata, mondana e setosa ma grossolana” e ancor meno Joyce con il suo Ulisse “non ho mai letto tante fesserie”.
C’è tanto di entrambi nel libro Virgina Woolf - Lytton Strachey. Ti basta l’Atlantico? Lettere 1906-1931 a cura di Chiara Valerio e Alessandro Giammei, edito da Nottetempo.
“Ho sobbollito in un tale mortale stato di letargia negli ultimi (non so neanche quanti!) mesi; immagino debbano essere così le Malebolge. E il peggio è che simili torpori ti sopraffanno del tutto: se lo facessero, almeno uno non si renderebbe conto della propria orrenda condizione. Ti lasciano invece perfettamente (atrocemente) consapevole della completa dannazione in cui ti hanno gettato” le scrive Lytton il 25 febbraio del 1916, durante la prima guerra mondiale.
Passano gli anni, la storia, gli amori, la vita.
La speranza è legata al futuro “mi pare così chiaro che la letteratura del futuro sarà stupefacente. Dirà finalmente la verità, e sarà indecente, e divertente, e romantica, (tra un centinaio d’anni) e persino ben scritta. Quelle joie! Vivere in quei giorni, quando i libri si riverseranno dalle stamperie odorosi del luridume di Petrolio, della follia di Dostoevskij, della lussuria delle Mille e una notte, quella squisitezza di Voltaire! Ma non saranno incantevoli solo i libri allora: le persone! i ragazzi!…persino le ragazze!…Ma simili visioni sono fin troppo esasperanti”. Scrive Virginia di sé.