Sospesi, come funamboli, su un cavo leggermente teso tra due punti sul baratro, sul nulla.
Sospesi, ondeggiare impercettibile, su un alito di vento, sperando non arrivi una folata, una raffica che ci renda impossibile restare in equilibrio. Sospesi in attesa che il potere decisionale non abdichi in favore di chi conosce la singola materia e non l’universo mondo. Sospesi, mascherina in viso a proteggere dall’ignote distanze da tenere e dal tempo di sopravvivenza. Mascherina sul viso, anidride carbonica in circolo, che l’ossigeno non ossigena e il pensare è fatica. Neanche la trance aiuta.
Sospesi, come la democrazia piegata all’ignoranza e alla supponenza. Le strade che ieri erano vita domani saranno il cimitero di quel che saremmo potuto essere e non siamo. Ché anche l’essere è sospeso, sul filo, nell’impossibilità di esistere.
Sospesi come il canto in una torrida mattina d’estate che vuole acqua, fonte a cui attingere per regalare frescura.
Sospesi nell’attesa che le notizie gestite di ciò che avverrà suscitino moti di protesta, sedati ad un inspiegabile senso di onnipotenza.
Sospesi, mascherina in viso, lungo la scogliera mentre il mare ride di noi vomitando ineluttabili verità.
Funamboli esperti non siamo, proseguiamo lenti sul baratro, il cavo che per ora ci regge ondeggia sotto i nostri passi incerti. Donateci certezze, il punto di arrivo sembrerà più chiaro e non avremmo paura di avanzare nel buio con lo stomaco in subbuglio e le lacrime negli occhi. Domateci sapienza, voi che non l’avete, smarrita lungo la strada delle opportunità.
Sospesi sul baratro immaginiamo con un sorriso una sola cosa, la vostra fine.