Visioni d'insieme

Mille papaveri rossi

Mille papaveri rossi

Dammi un piccolo papavero rosso che si stagli alto nel cielo ondeggiando al vento senza spezzarsi.

Dammi un papavero che spicchi tra mille spighe di grano. 

Dammi un papavero per ricordare quel bocciolo verde che ha ormai abbandonato ogni speranza diventando rosso, come il sangue dei morti in guerra. 

Dammi un papavero con i suoi petali mossi dal vento macchiati di nero. Il sangue e l’orrore in un unico fiore.

Dentro alla bocca stringevi parole troppo gelate per sciogliersi al sole. Era uno dei tanti papaveri rossi che ha cercato di resistere e lui come noi, è tante cose, altre non le sarà mai. Ma resiste. Agli orrori, alla povertà, alle difficoltà, alle privazioni. E sa rinascere come un fiore spontaneo in un campo di grano che è bellezza e felicità.

Vive una vita vissuta per sbaglio, ma non per errore.

E in un infinito campo di grano, oro e luce di un mondo lontano, spunta lui e altri mille papaveri rossi, uno per ogni caduto. E al momento della resa non c’è differenza, Sparagli Piero, sparagli ora e dopo un colpo sparagli ancora, fino a che tu non lo vedrai esangue cadere in terra a coprire il suo sangue.

Papaveri su ambo i lati del confine.

Morirono ovunque e ciò che resta è sempre un piccolo papavero rosso, esile e forte.

“Il sangue dipinse le terre e i mari di rosso”, scrisse la Commissione per i morti in guerra del Commonwealth per contare i militari morti nel conflitto. Furono 888.246, tanti quanti i  papaveri di ceramica disposti a futura memoria nel fossato della Torre di Londra. 

Conscio di un destino già segnato, John McCrae mentre curava i feriti della prima guerra mondiale cercava un modo per buttar fuori tutto quel dolore e scrisse “Nei campi delle Fiandre sbocciano i papaveri tra le file di croci che segnano il nostro posto”.

Dormi sepolto in un campo di grano, non è la rosa non è il tulipano, che ti fan veglia dall'ombra dei fossi ma son mille papaveri rossi. Gli stessi che in semi venivano custoditi nelle tasche di Gengis Khan, terribile e temibile condottiero mongolo, guida di una armata invincibile, che non lasciava possibilità di scampo all’avversario con i suoi spostamenti simmetrici e silenziosi.

Terribile con i suoi delatori, inflessibile con le sue armate, Gengis Khan onorava sempre i caduti in battaglia, amici e avversari, spargendo quei semi che sempre portava con se per mantenere vivo il ricordo, quel tributo di vite, nelle future generazioni. 

E allora Fermati Piero, fermati adesso lascia che il vento ti passi un po' addosso.

Mosso nel vento come un papavero in un campo di grano.

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