È una scrittura, quella di Wolfgang Hilbig, che graffia, che ferisce, che scortica, che denuda e lacera, che tormenta e provoca. È magnifica.
Luciano Funetta, libraio della piccola libreria indipendente Tomo di Roma, consiglia la lettura di “un libro uscito da pochissimo dello scrittore tedesco (Wolfgang Hilbig appunto ndr) e sono due racconti pubblicati da Keller, che è una delle nostre case editrici preferite. I racconti sono due Le femmine e Vecchio scorticatoio, di questo scrittore incredibile, sino ad adesso pressoché sconosciuto in Italia e tradotto pochissimo da Il Saggiatore negli anni ‘90. Adesso Keller sta riproponendo questo autore che ha una prosa incredibile, una scrittura che va cercata davvero con il lanternino. La sua scrittura va esplorata, va gustata. È un libro veramente formidabile, perfetto soprattutto in questo periodo dell’anno che c’è un po’ di buio in più, un po’ di silenzio in più. È un libro perfetto, lo consiglio, ed è stato il mio libro del 2019”.
Due racconti, due piccoli capolavori della letteratura, di uno dei più grandi scrittori tedeschi del Novecento. Nato nel 1941, cresciuto a Meuselwitz nella Germania dell’est, lavora in fabbrica come fuochista ma non rinuncia alla sua passione, scrivere, e il buio di quei giorni, gli scheletri delle fabbriche, il clima oppressivo, sono tutti nelle sue parole tumultuose, impressionanti, ma poetiche, viscerali. In Le femmine, i toni cupi e violenti sono la voce di un folle, allontanato, segregato, chiuso, che osserva le figure femminili. In Vecchio Scorticatoio la voce è ancora più cupa, qui il denudarsi è lacerarsi, distruggersi, scuoiare ombre e paure, scorticare il dolore fino a superarlo per raggiungere la pace, nella scrittura. Ed è questa che sorprende, per ritmo, per tensione, per spessore. Rasoiate. Graffianti. Ferite su cui si versa sale. Accusatorie, contro la ferocia dell’essere umano. E l’io perde la voce. Due racconti, di Wolfgang Hilbig, da leggere, d’un fiato.