Sale sul palco, indossa un maglione verde, morbido e caldo e i suoi occhiali tondi che gli incorniciano il viso.
Legge un estratto del suo ultimo libro Corpo, umano edito da Einaudi, poi l’applauso pieno e immediato della platea. Inizia così l’incontro tra Vittorio Lingiardi e il suo pubblico al teatro Kismet di Bari nell’ambito della rassegna Corpi nella tempesta curata da Nicola Lagioia. “L’anatomia è una lettura culturale” è una delle tante cose preziose che ha detto in un’ora e mezza densa di pensieri che arrivano alle orecchie e prendono forme immaginate e non.
Lingiardi ha il dono della profondità di pensiero e di una grazia innata che porta alla commozione, come quando dedica il libro a chi ha cura dei corpi “perché la cura dei corpi è la cura dell’umanità dell’altro”.
Restituisce la lentezza del tempo, del pensiero. Parla dei corpi con una soavità che appartiene a pochi, le sue parole dette e scritte hanno la stessa armonia “il corpo nostro e dell’altro nascono insieme”. Ogni parola è il diapason che dà il la a un’intera opera di pensieri.
A volte dice verità che non sappiamo di sapere, richiama “le ripercussioni cognitive e affettive dovute alla bidimensionalità delle immagini” di cui siamo sommersi scrollando ogni giorno sul telefonino.
L’essere umano è fatto per andare più in profondità, per toccarsi, sentirsi, udirsi. La mente è affollata e al tempo stesso rischiarata dopo una serata trascorsa ad ascoltarlo.
I corpi diventano lo specchio di tutto ciò che viviamo. Si, è vero, l’anatomia è una lettura culturale.