Aggiungere parole a immagini scritte da altri cesellando ogni lettera a volte è superfluo.
Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicanalista ha racchiuso in 163 pagine un prezioso compendio dei sogni, sui sogni e per i sogni. “Ci vogliono parecchi luoghi dentro di sé per avere qualche speranza di essere se stessi” scriveva Jean-Bertrand Pontalis nel suo Mindscapes e Lingiardi li racconta uno dopo l’altro partendo da un punto saldo “L’attività onirica è elevata a elemento strutturale della vita mentale: è necessaria per pensare i pensieri” e la sua visione dei sogni è confortata da altri che prima di lui hanno guardato nella stessa direzione “Un sogno non interpretato è come una lettera mai letta” dice il Talmud.
Ne L’ombelico del sogno, scritto da Vittorio Lingiardi ed edito da Einaudi spicca Jung “i sogni preparano, annunciano o mettono in guardia da determinate situazioni, spesso assai prima che si traducano in realtà” che poi in un ricorso storico sembra prendere il testimone da Eraclito che diceva “Nella notte, quando gli occhi sono spenti alla luce, l’uomo ne accende una per sé”.
Il sogno è fondamentale per la nostra stessa esistenza sostiene Lacan “‘il sogno è uno strumento di risveglio’: se di giorno dormiamo nella ripetizione delle nostre abitudini, è il sognare della notte a offrirci la possibilità di svegliarci dalla vita”.
Sulla stessa scia di Fosshage “Sognare è il pensare di quando dormiamo” e quindi per Lingiardi “Attraverso i sogni risolviamo conflitti, esploriamo gli affetti, ripercorriamo la memoria, impariamo. Possiamo persino riparare i nostri traumi”.
Siamo ciò che respiriamo, ciò che vediamo intorno a noi, ciò che sentiamo, siamo il nostro passato e il nostro futuro, siamo noi e anche le persone intorno a noi, quelle prima di noi “lo sguardo junghiano sul sogno è rivolto sia all’irridicibilità soggettiva sul sogno sia alla sua appartenenza a un respiro collettivo: il sogno guarda dentro ma contemporaneamente lontano. Nel momento in cui il sogna bussa alla porta della nostra coscienza, porta con sé, oltre ai contenuti personali, anche quelli collettivi, che abitano il sogno con le loro immagini primordiali, universali. Jung crede in un inconscio collettivo e nella sua dimensione archetipa, sedimento delle esperienze acquisite dagli antenati, patrimonio trasmesso in via ereditaria, una sorta di memoria storica, inconscia, acquisita nel corso dell’evoluzione”.
Una perla che parla di noi più di quanto siamo in grado di immaginare.