La Gioconda degli anni Venti, come fu soprannominata da Harold Acton, scriveva poesie, tra le tante una preghiera.
“Oh Dio, fammi incapace di preghiera,/troppo animosa per supplicare, troppo granitica/per sentire lo sfregio del pericolo! Fa’ che il mio cuore/si rinsaldi sì da reggere il dolore,/e che io soffra da me, senza perdite./Che io sorregga da sola il vecchio mondo/su spalle più possenti dell’Atlante./Fammi simbolicamente iconoclasta./L’Anticristo ideale, il Paradosso”.
Dio ascoltò la sua preghiera e il resto venne da sé.
Quando Ezra Pound tra le righe di una lettera d’amore le scrisse “l’arte è lunga”, lei segnò mentalmente quelle quattro parole e su quelle costruì la sua vita.
Nancy Cunard è stata moltissime cose, poetessa, scrittrice, editrice, attivista per i diritti degli afroamericani, traduttrice per conto della Resistenza francese, antifascista, schierata apertamente contro il regime nella guerra civile spagnola.
Cunard e Pound si erano conosciuti nella casa della madre di lei, lui andò a chiedere soldi per sostenere James Joyce mentre scriveva l’Ulisse. Erano entrambe due ricche ereditiere, a chi altro chiederli?.
Fu, solo per caso non per dedizione, musa di alcuni grandi scrittori come Aldous Huxley, che su di lei tratteggiò il personaggio di Lucy, in Punto contro punto, scrivendo “Era tutto ciò che le persone, per invidia o per disapprovazione, dicevano di lei, eppure era la più squisita e meravigliosa delle creature”.
E poi Wyndham Lewis, Tristan Tzara, Ezra Pound, T.S.Elliot, Louis Aragon, Ernest Hemingway, James Joyce, Constantin Brâncuși, Langston Hughes, Man Ray e William Carlos Williams. A tratti amici, mentori, amanti.
Nel 1928, a 32 anni, fonda una piccola casa editrice la Three Mountains Press, subito rinominata Hour Press, con lo scopo di dare spazio e voce alla poesia sperimentale e ai giovani scrittori. “Fare soprattutto poesia contemporanea di genere sperimentale – sempre cose molto moderne, pezzi brevi di grande qualità che, per loro natura, possono avere difficoltà a trovare editori commerciali” spiegherà lei stessa.
Pubblica 23 libri in meno di quattro anni, sceglie grandi artisti per realizzare le copertine, come Man Ray e Yves Tanguy. Il risultato è all’altezza delle sue aspettative e promesse: Caccia allo Snark di Lewis Carroll, considerato da molti intraducibile, lei lo affidò a Louis Aragon e lo diede alle stampe, due opere di Norman Douglas, i primi trenta Cantos di Pound.
Lancia un concorso a premi, 10 sterline per la migliore poesia sul tempo, cento righe al massimo. A vincere è uno sconosciuto Samuel Beckett con Whoroscope, lo pubblicano in 300 copie, 100 autografate, che danno il via alla carriera di Beckett, l’estro era già lì senza alcun bisogno di gratificazioni pubbliche.
“Ho scritto la prima metà prima di cena, sulla carta da lettere dell’Hotel Bristol, mi sono concesso un’insalata e un sorso di Chambertin al Cochon De Lait, poi sono tornato all’Ecole e l’ho finita intorno alle tre del mattino… Così è andata, quelli sì che erano giorni…” spiegò alla Cunard, di cui conservò sempre una copia del suo Negro in libreria.
Nancy scriveva, quando non era impegnata a vivere intensamente, e si faceva pubblicare da altri. Il suo Parallax fu pubblicato dalla Hogarth Press di Virginia Woolf e marito. Un libro nato pensando a due uomini della sua vita, T.S.Elliot, fonte d’ispirazione con La terra desolata e Ezra Pound per quel suo “devi rendere il discorso della poesia perfino più vivido di quello della prosa”. Un monito che si trasformò in promessa.
Tornò a pubblicare, questa volta contro il fascismo e contro la guerra The Poets of the World Defend the Spanish people con poesie di Auden, Tzara, Neruda, Garcìa Lorca. Impensabile non prendere posizione, distribuì un questionario a tutti gli scrittori europei Authors Take Sides on the Spanish War pubblicato da Left Review. L’unico che non rispose fu George Orwell che gentilmente le chiese di non seccarlo, si era preso una pallottola in quella guerra, non c’era alcun bisogno che compilasse un questionario.
“Non c’è fine alle cose; guarda il tramonto/che solca i cieli eterno e inalienabile,/ma non posso aspirare a quella caccia./Un cieco/vento freddo/soffia e se ne va/sospirando in lontananza; il passo errante/tornerà più tardi. I corpi uccisi/in battaglia vanno in cielo su gambe spirituali,/finché la terra non fa loro cenno/di tornare sulla strada del ricordo./E mai canzone/o cosa di avventura appassionata cade nella polvere/guasta e avvizzita, quando da un cuore pulsante/è nata la sua voce/in un giorno vivido./Di questo è fatto tutto ciò che chiedo/una spada ardita da stringere in pugno/per non temere le battaglie del tempo/magari un po’ di ruggine/si posa su quello che non curiamo più./Ma io ho chiuso la porta/a quelli che cianciano di morte, e partirò/a caccia di firmamenti senza fine”. Scrisse di una tragedia che ondate si ripete negli anni.
La madre la disereda al grido di “Davvero mia figlia conosce un negro?”. La sua casa a Réanville viene distrutta dai nazisti. Il resto della vita è il disperato tentativo di tenere uniti i cocci di ciò che ormai non c’era più. In Trasmutazione scrive “Siamo prigionieri del cielo e della terra,/ostaggi dolenti della memoria”. Muore a 69 anni, sola, a Parigi.