Ha lasciato una scia di stelle e versi sul luminoso cammino che ha percorso.
Cristina Roccati fu la terza donna laureata al mondo e in Italia (le prime due furono Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, laureata in filosofia a Padova nel 1678 e Laura Bassi prima professoressa universitaria di Fisica).
Talento e genio erano innati in lei, tanto che il padre la preferì al fratello per gli studi universitari.
Tutto in lei destò clamore, ammirazione e scandalo. Era una donna, anzi una ragazzina, in un mondo dominato dagli uomini. Farsi breccia era impossibile, e lo sarebbe stato se non fosse stata lei, miscuglio di tenacia, passione, impegno e talento.
Se ne accorse il suo supervisore don Pietro Bertaglia di Arquà (futuro rettore del seminario di Rovigo), con lui si affiancò alle lingue classiche e iniziò a comporre versi, uno dei suoi tanti talenti. I suoi versi erano talmente alti e ispirati da essere accolta a soli 15 anni ad una seduta dell’Accademia dei Concordi di Rovigo per declamare le sue poesie.
“Lassa! Sperai formar di culti accenti/lavoro in sul fiorir de’ miei verd’anni/da gir al par delle più eccelse menti./Veggi’or l’ira de fatj empi e tiranni,/e come uom spesso, allor che i fondamenti/getta di rara speme, erre e s’inganni”.
Il 25 settembre 1747 con Bertaglia e la zia Anna si trasferisce a Bologna per studiare Filosofia naturale, prima studentessa fuori sede d’Italia. Si appassiona alla fisica, alla logica, alla metafisica. Presto diventa assistente di Specola sua docente di astronomia e meteorologia. Non smette di comporre versi, diventa talmente famosa che ottiene la carica di “Consigliatrice della Veneta Nazione”, onorificenza impensabile per una studentessa dell’Università di Bologna.
Il suo talento e la sua fama non conoscono confini, il 30 dicembre 1749 viene ascritta all’Accademia dei Concordi, aveva solo 17 anni, uno scandalo. Alcuni accademici si dimisero in segno di protesta e fondarono l’Accademia degli Allegri. Ma L’Accademia dei Concordi non arretrò di un solo passo, convinti del talento di Roccati al punto che a soli 22 anni la elessero principe (presidente).
Dopo i Concordi molti altri si accorsero del suo genio, accogliendola tra i loro iscritti: nel 1750 gli Apatisti di Firenze; poi entra nell’Arcadia con il nome di Aganice Aretusiana e nel 1753, nell’Accademia degli Ardenti di Bologna e dei Ricoverati a Padova.
Si laurea ad appena 18 anni in Filosofia naturale sotto la guida di Gian Alberto Colombo. Sostiene quattro tesi – come ogni studente straniero – una in logica, una in fisica e due in metafisica. L’ultima il 5 maggio 1751 davanti al Collegio dei dottori dell’Università di Bologna accompagnata dalla grande fisica Laura Bassi, che da lontano aveva seguito i suoi studi intrattenendo con lei una relazione epistolare. Si laurea con il massimo dei voti, Girolamo Silvestri, accademico dei Concordi e suo amico e corrispondente, sulla seduta di laurea di Cristina scrisse “… si portò valorosissimamente e si meritò che né meno uno le negasse l’onore che ricercava. Anzi furono presi dalla meraviglia li più del suo valore e franchezza”.
Sceglie Padova per approfondire i suoi studi newtoniani, ma anche il greco e l’ebraico.
Nello stesso anno l’Accademia dei Concordi istituisce un istituto di scienze e conferisce a lei l’incarico di tenere le lezioni pubbliche di fisica, corso che terrà per più di vent’anni e che appare a Maria Luisa Soppelsa ed Eva Viani come “L’immagine complessiva è quella di un monologo durato vent’anni, un discorso unitario – quasi progettato a priori”.
La prolusione alla sua prima lezione il 15 novembre 1751 è poetica e tocca gli animi dei suoi studenti “La cognizione della natura, la quale come Voi udiste, per mezzo della Fisica noi ce l’Acquistiamo, serve pur ella a farne conoscere il grande Autore della stessa Natura, a rispettarlo, a venerarlo, ad amarlo a dispetto anche di quelli, che dissero dentro del loro cuore pazzamente: non v’è Dio”.
Preludio all’incanto che li accompagnerà per tutti i loro studi, come una scia di versi e stelle.
Il periodo padovano dura poco, il padre, al centro di uno scandalo finanziario scappa da Rovigo lasciando sola la moglie con i figli. Cristina torna per aiutare la famiglia, ma non smette mai di studiare e di tenere le sue lezioni di fisica. Quando muore il fratello, finì in causa con la cognata per la custodia dei nipoti che cresceranno con la famiglia paterna. Ci vorranno dieci anni ma si riconcilia con la madre dei suoi nipoti e cede tutti i suoi averi a loro. Si cura solo di studiare le stelle e comporre versi per tutto il resto della sua vita.
“Forse ebbi un tempo/or non ho già più quello”