Agli occhi di un bambino sembrerebbe una montagna da scalare per arrivare in cima e guardare cosa si nasconde, se mare o spazi verdi ed infiniti.
In questo spazio di costa scuro e silenzioso nei giorni d’autunno, la fantasia apre praterie sconfinate dove i pensieri si confondono con gli umori. E ciò che ad un bambino può apparire montagna, ad un sognatore può sembrare un terreno da conquistare, rendere fertile e produttivo, con l’aiuto dei piccoli gnomi che lo abitano da millenni e giocano tra le rocce, spettatori in estate di assembramenti, di nuotatori provetti, di lucertole umane intente a prendere il sole.
Le piccole onde che il vento sospinge sugli scogli, qui levigati dalla mano degli uomini, cercano nuovi anfratti da sottrarre alla terra e da popolare di fantastici organismi marini.
Sirene e gnomi da far incontrare per ascoltare nuove fiabe, nuove morali. Una canna emette un fischio, un lungo sibilo riecheggia tra le rocce. Si confonde quasi con il rumore della tua auto che percorre l’unica strada di accesso. Chissà se sei venuta ad ascoltare oppure a pronunciare parole, quelle piene, dense, che coprono distanze e vuoti, accarezzano ansie, curano ferite. Parole fantastiche che solo tu sai dire inanellandole insieme in infinite catene alle quali ancorarsi per non perdere la presa.
La sirena semi nascosta dietro uno scoglio osserva non vista la scena, mentre uno gnomo le pettina i capelli con una dolcezza inconsueta. Loro ascoltano le tue parole, le depositano in uno spazio della memoria per poi ritrovarle intatte quando serviranno.
Parole per ritrovarsi.