Estroversa, eccentrica, snob, ammaliatrice, Zelda Zelda Sayre incontra Francis Scott Fitzgerald a 18 anni, a venti lo sposa.
Per tutto il resto della vita saranno tra molti alti e infiniti bassi, Zelda e Scott.
Scrive un unico libro che ha il sapore di tutto ciò che insieme hanno vissuto e scritto, come due mari che confluiscono l’uno nell’altro.
Lasciami l’ultimo valzer edito da Elliott e tradotto da Maria Gallone e Loretta Santini ed una introduzione di Tiziana Lo Porto, fu scritto quando lei aveva 32 anni mentre era ricoverata in un ospedale psichiatrico a Baltimora. Doveva essere un trattamento terapeutico per placare la sua schizofrenia, scrivere le sue memorie. Ne nacque un libro, il suo unico libro, che lei inviò a Maxwell Perkins, editore del marito, a sua insaputa.
Un libro dai tratti autobiografici, è lei la “Saccheggiatrice di errabondi entusiasmi ammassava i suoi bottini su tutto ciò che le capitava sottomano” e al tempo stesso “io sono veramente me stessa solo quando sono un’altra persona che ho rivestito delle meravigliose doti della mia immaginazione”.
L’innata capacità di Zelda di trasformare ogni cosa in polvere di stelle rimase intatta anche tra le mura dell’ospedale, quando rivede lei bambina nella protagonista Alabama “Il mondo è più giovane di quanto lo sia in realtà, e la bambina appare a se stessa così matura e saggia, mentre cerca di sviscerare i propri problemi e di comprenderli come quesiti soggettivi, non come eredità razziali. C'è una luminosità, una freschezza di rugiada sulle cose. Ella analizza la vita orgogliosamente, quasi passeggiasse in un giardino costretto da lei stessa a crescere nel meno ospitale dei terreni. È già insofferente di ogni coltura metodica, credendo nella possibilità di un coltivatore stregone capace di trarre bocci odorosi dalla più aspra delle rocce e vigne lussureggianti nella notte da desolati deserti, capace di piantare il respiro del crepuscolo e di arricchirsi vendendo calendule sulla piazza del mercato. Vuole che la vita sia facile e piena di ricordi gradevoli”.
La vita per Zelda è il profumo dei fiori, il tremolio delle foglie, il bagliore della luna, che svela ai comuni mortali con le sue parole come perle che rotolano giù dal filo rotto della vita “Squarci di filosofia, rimasugli di acume, brandelli sfilacciati di percezione si suicidavano nel romantico crepuscolo”.
Francis Scott Fitzgerald quando la incontrò scrisse che con lei iniziava tutto, le fu musa, moglie, amante. Lui la accusò di plagiò, la umiliò con le sue tanti amanti, lei era ingombrante ed esigente oltre i limiti delle sue possibilità. Si sono distrutti a vicenda, e oggi stabilire i confini dell’una o dell’altro è un gioco a perdere. Del talento di lui si sa tutto, di quello di lei si possono intravedere le vette in quelle perle lanciate a caso sul pavimento “Gli obblighi per Alabama erano una tagliola posata dalla civiltà per intrappolare e mutilare la sua felicità e impastoiare i piedi del tempo”.
Di una lucidità che le è sempre stata negata, Lasciami l’ultimo valzer è come sorseggiare un flûte di champagne di champagne tra una risata e l’altra. “…è uscita a collezionare per te un po’ di opinioni per bene” scrive della bambinaia di sua figlia durante il soggiorno in Costa Azzurra.
Si può amare Zelda e il suo libro o lo si può odiare, ma innegabile è il sogno di un mondo che non posa mai i piedi per terra. “E forse era vero, se sapere significa limare le proprie percezioni in modo che s'inseriscano nella porzione visibile del mosaico della vita. Se conoscere significa possedere un atteggiamento verso le cose che non abbiamo mai sperimentato e conservarci agnostici verso quelle che abbiamo provato, (Alabama) era così”.
Il resto, come già detto, è polvere di stelle.