“Io ho letto male il mio contratto. Non sono mai stato il proprietario di me stesso ma soltanto un oggetto in prestito a me stesso”.
Scrive Moses Elkanah Herzog. Ma chi è davvero Herzog? “ammise di essere stato un cattivo marito: per due volte. La prima moglie, Daisy, l'aveva proprio trattata da cani. Invece Madeleine, la seconda, era stata lei che aveva tentato di fargliela. Con i suoi due figli, il maschio e la femmina, era stato un padre affettuoso ma non un buon padre. Nei confronti dei suoi genitori era stato un figlio ingrato. Verso il suo Paese, un cittadino indifferente. Con i fratelli e la sorella, affettuoso ma distante. Con gli amici, un egoista. In amore, pigro. Nel brio, smorto. Nell'uso del potere, passivo. Nei confronti della propria anima, evasivo”. Certo si, ma un gran pensatore e un instancabile scrittore di lettere indirizzate a chiunque: amici, parenti, presidenti morti, filosofi. Herzog cerca interlocutori che plachino la sua sete di condivisione, qualcuno che alimenti il flusso dei suoi pensieri.
“Era un re, lui, un re sentimentale, e il suo regno era in fondo al cuore. Si appropriava di tutte le emozioni che lo circondavano, come per un diritto divino o spirituale. Sapeva farle rende- re di più, lui, perciò se le accollava. Lui era un uomo grande e grosso, troppo grande per qualsiasi cosa che non fosse la verità. (E dài, la verità!)”, certo anche un cinico, un disilluso dal mondo.
Herzog in quel che resta della sua vita andata a rotoli si sofferma e pensa, studia, analizza ogni comportamento umano.
“Non è ancora esistito un individuo vero, capace di vivere, capace di morire. Soltanto ammalati, tragici, o lugubri e ridicoli stupidi, che a volte hanno persino sperato di arrivare all'ideale per ingiunzione, in forza del grande desiderio di conseguirlo. Ma di solito costringendo l'intero genere umano a credere in loro con la prepotenza”.
Non c’è speranza in lui, anche se affannosamente continua a immaginare una vita con Ramona, una vendetta con la seconda ex moglie che l’ha umiliato davanti al mondo intero, dipinge di un meraviglioso verde brillante un pianoforte per la figlia che non sarà mai recapitato alla destinataria e nel frattempo scrive “la gente vuole che la vita finisca. L'hanno inquinata, la vita. Coraggio, onore, franchezza, amicizia, dovere, tutto insudiciato. Lordato. Così noi odiamo il pane quotidiano che prolunga un'esistenza inutile. Ci fu un tempo in cui gli uomini nascevano, vivevano e morivano. Ma tu li chiami uomini questi? Siamo soltanto esseri. La morte stessa si dev'essere stancata di noi. Mi par di vedere la Morte che va al cospetto di Dio e gli dice: ‘Cosa devo fare? Non c'è più grandezza nell'essere la Morte. Dispensami, o Dio, da questa meschinità’”.
Quando Saul Bellow scrive Herzog nel 1964 lo immagina come un suo alter ego, entrambi ebrei, nati in Canada da esuli russi, entrambi traditi dal migliore amico che si è preso la briga di intessere una relazione pubblica con la moglie di Herzog/Bellow. Philip Roth in un suo scritto che accompagna l’edizione Oscar Mondadori paragona Herzog a Leopold Bloom di Joyce.
Chissà se sia vero, ma Herzog ti porta a perderti nella sua mente così come Bloom.
“A dire la verità, non mi era mai andata così bene, scrisse. Ma mi mancava la forza di carattere per sopportare una tale gioia. E quello non era certo uno scherzo. Quando il petto di un uomo è come una gabbia da cui siano volati via tutti gli uccelli scuri - egli è libero, è leggero. E brama che i suoi avvoltoi tornino di nuovo a lui. Vuole le sue lotte di sempre, le sue fatiche senza nome, vuote, la sua ira, le sue afflizioni e i suoi peccati”.
Perdersi per poi ritrovarsi in qualcosa per cui valga la pena restare, combattere pur sapendo di perdere, “Questa è la parola. Si vede che sto cercando di mantenere in vita quelle tensioni senza le quali gli esseri umani non si chiamano più umani. Se non soffrono, significa che mi sono scappati di mano. E io ho riempito il mondo di lettere per impedire la loro fuga. Li voglio in forma umana, io, e così ci architetto tutta una serie di costruzioni intorno e quando sono in mezzo li acciuffo. Ci metto tutta l'anima mia in queste costruzioni”.
Le uniche parole scritte per davvero da Herzog, rivolte ad una persona che le leggerà sono quelle destinate a Ramona, “Incapace di sopportare la gentilezza in questo momento. Sensazioni, cuore, tutto strano. Cose da fare”.