Ciò che per altri è un ardito accostamento di colori per lui è armonia. La vita è colore, nonostante i tentativi di ingrigirla, spegnerla, offuscarla.
William Eggleston nasce in Tennessee e cresce nel Mississippi, terre di gialli campi sconfinati di mais, di cieli azzurri e drammatici, di infinite capsule bianche di cotone, del rosso violaceo delle patate. I colori sono prepotenti e assoluti, come la sua curiosità che lo porta ad iscriversi a una pletora di corsi universitari per non finirne uno. Trova lo strumento per saziare tanta curiosità in una Leica regalatagli da un amico. Negli occhi ha le foto di Henri Cartier Bresson. Ma quando inizia a scattare sposta l’attenzione, e cerca un attimo che sia solo suo. Nessun momento speciale da rendere eterno, ma i particolari di una quotidianità distratta.
Un rubinetto in ceramica verde acqua e una dozzina di pomodori rossi lì a scolare, il cofano di una cadillac turchese, il giallo intenso di un muro in una periferia urbana, il rosso di tavole e sedie in formica in una tavola calda. Attimi, frammenti di un vissuto come tanti che davanti al suo obiettivo diventano bellissimi ed intensi.
“Avevo questa idea di quello che chiamavo un modo democratico di guardarsi intorno, secondo cui nulla era più o meno importante” disse spiegando i suoi scatti a chi non si capacitava di tanto lustro dato a ciò che comunemente viene classificato come banale.
William Eggleston con i suoi scatti diventa il padre della fotografia artistica a colori, fu il primo infatti ad esporre nel 1976 al Moma di New York 75 fotografie a colori, in una retrospettiva curata da John Szarkowski. L’arditezza di tutto quel colore fa storcere il naso ai puristi, tra i tanti anche Ansel Adams che scrive una lettera di disappunto al Moma. Lui continua per la sua strada “Che si tratti di una foto, di una musica, di un disegno o di qualsiasi altra cosa che potrei fare, alla fine è tutta un'astrazione della mia peculiare esperienza”. Il suo punto di vista sarà poi ripreso da registi come Wim Wenders e Gus Van Sant, dove l’occhio non sempre è negli occhi di un uomo.
I colori non solo lo attirano ma lo affascinano al punto da ipersaturalizzarli, rendendoli così il punto focale di tutto. “Ben presto mi sono interessato a fotografare qualunque cosa fosse lì, ovunque mi trovassi. Per qualsiasi ragione”. L’insegna arancione di un negozio che vende pesche, la parete rosa di una anziana elegante signora, un tramonto che tinge un parcheggio di viola, i ramati lunghi lisci capelli di una ragazza in un bar. Diventa un pioniere, in tanti seguiranno la strada da lui tracciata così nitidamente. Nel 2004 viene insignito del Gerry Images Lifetime Achievement Award, lui continua a volare altrove, tra le cose. Senza mai fermarsi. Scova la bellezza dell’ordinario, come tanti hanno detto di lui che vede il mondo con occhi nuovi e di quella visione dice “Sono in guerra con l’ovvio”.