Non piovono gocce dal cielo, l’aria resta ferma, tutto tace, come in un istante di un racconto già ascoltato negli anni passati. Silenzio, irreale.
Silenzio tra le vie, nei campi dei disperati, sulle sponde dei mari escludenti, sulle vette poco innevate con i passi invalicabili.
Silenzio nelle aule delle scuole e nei raduni ai parchi. Isolate voci si levano nei sottoscala bui, nelle cantine umide, nei magazzini abbandonati, nei casolari diroccati, nei luoghi dove risiedono le anime perdute.
Voci inascoltate sollecitano mobilitazioni degli inermi e inerti, di chi comodamente lascia che tutto scorra inesorabilmente verso una fine già teorizzata, prevista, programmata, cercata, voluta, imposta. E nell’imposizione pacifica e senza contraddittorio che si nasconde il potere di pochi nel silenzio dei molti. La minuta esigua minoranza non ha ancora la forza di gridare con propria voce un dissenso capace di scuotere coscienze, aprire spiragli di comprensione, destare dal sonno. E tutto resta immobile, apparentemente.
Non piovono gocce dal cielo, nessuna nuvola all’orizzonte, tutto è incredibilmente sereno come in una giornata di primavera quando tutto sembra tornare a nuova vita, nuova poesia. Eppure in questa stasi, in questa pausa del pensiero, ancora il battito di un cuore concede speranza che tutto possa cambiare, migliorare, affrancarsi da un destino che altri hanno scritto. Questione di orgoglio ed anche volontà di non sottostare, di non cedere, di professare sempre e comunque un’idea le di libertà, conquistata, cercata, acquisita e non limitabile.
Non piovono gocce dal cielo e servirebbe un diluvio che sommerga il mondo, lasciando al dopo l’esistenza.
Le gocce piovono altrove.