Le calde mattinate volgono al termine, il tramonto annuncia più rigide temperature. In questo mese il tempo incerto ha lasciato spazio ai dubbi.
Nel cielo passeggiano nuvole leggere come zucchero filante abbarbicato ad un immaginario bastoncino legato alla tua mano da una corda che solo tu puoi vedere e governare. Sono forse solo ricordi questi spazi infiniti. “Non recidere, forbice, quel volto,/ solo nella memoria che si sfolla,/ non far del grande suo viso in ascolto/ la mia nebbia di sempre/ un freddo cala…duro il colpo svetta./ E l’acacia ferita da sé scrolla il guscio di cicala/nella prima belletta di Novembre”, scriveva Eugenio Montale.
Sulle rovinose strade cittadine cammini con lo sguardo rivolto alla pietra che adorna i palazzi, intrecci scultorei di secoli che non conosci. Nello spazio presente sei come assente. “Sotto il cielo pacato di Novembre/ come nette profondano le linee/ dei rettifili, preciso lo spigolo/ dell'edificio l'ombra della luce/ scomparisce, e beato posa l'albero./ Avrei voluto apprendere cotesta/ tua chiarezza infallibile, meriggio/ senza una nube, che a questo discreto/ ed ovvio paesaggio cittadino/ imprimi oggi un rigore architettonico/ quasi di tela neoclassica. Invece/ cancellarmi vorrei, tanto mi sento/ un estraneo accidente in queste splendide/ tue geometrie, non più che una confusa/ macchia, una pena, un vagabondo errore”, scriveva Sergio Solmi.
Una voce chiama il tuo nome, non ti volti, resti immobile sospeso, lasci libera la corda, il bastoncino di zucchero filato vola via lentamente. Nuvola di bel tempo in questo incerto aspettare il presente.