Restare ancorati a due passi dal molo di Adriano oppure accendere il motore e andare via, in alternativa lasciarsi trascinare dalla corrente.
Sembrano solo essere queste le scelte possibili. Eppure potremmo salire su quella barca, parlare alla folla distratta, al passante con il gatto al guinzaglio, convincerli che non sono soli e che c’è un mondo diverso da scoprire fuori dalle regole dei tutti ed anche da condividere. Una voce che grida una ragione come un capitano, mio capitano, solo per rivendicare se stesso e il suo diritto ad essere unico.
Facile starsene seduti in una barca senza pensare se non al mare, mentre il mondo non è quello che si vorrebbe o non arriva neanche lontanamente all’idea che abbiamo dello stesso. Restare rinchiusi nel proprio angolo alla deriva non sembrerebbe la decisione più giusta ma la più comoda, quella con meno conseguenze. Ed invece forse è meglio gridare il nostro punto di vista, metter un punto, fermo, sulle nostre idee, rendere gli altri partecipi, rivendicare ogni singola libertà anche quella di esibire l’ombelico.
Su una barca ancora accanto al molo di Adriano, il motore attende che qualcuno lo avvii. I remi non servono più, occorre essere veloci, combattere il tempo, la monotonia, uscire dalla zona confortevole nella quale ci isoliamo solo per non dover lottare contro mulini al vento.
In un momento il tramonto sottrae luce, in quel momento la decisione è presa, un rapido guizzo e ci si ritrova in partenza per mete sconosciute, quelle delle nostre idee.