Re Artù e i cavalieri della tavola rotonda approdano a Monterey, Pian della Tortilla.
Dove un gruppo di amici, ultimi tra gli ultimi, sono cavalieri per “virtù intrinseca”.
Quando nell’estate del 1912 la sorella della mamma di John Steinbeck, zia Molly, lesse al futuro premio Nobel La morte di re Artù di Thomas Malory segnò il futuro del giovane nipote, che quel libro lo tenne a mente e nel cuore per anni, sin quando scrisse il suo Pian della Tortilla , edito da Bompiani e tradotto da Elio Vittorini con revisione di Luigi Sampietro. Un piccolo libro che lo rese famoso in tutto il mondo e uno scrittore a tutti gli effetti. Danny, Pilon, Gesù Maria Corcoran, Pablo Sanchez, Il Pirata e Joe il Portoghese sono il nucleo di amici su cui si dipana l’intera storia. Un gruppo di paisanon che vive ogni giornata come fosse l’ultima, senza nulla da tenere se non un fiasco di vino. La cornice è Monterey dove si sente il rumore impetuoso dell’oceano, dove “Il senso del tempo è vicino al mare più complesso che in altri luoghi, poiché oltre all’andirivieni del sole e delle stagioni, vi sono le onde che battono i minuti sulla spiaggia e le acque che salgono a scemano per la marea come dentro a un’immensa clessidra”.
L’amicizia per chi non possiede nulla è sacra e la lealtà verso gli amici è la principale virtù di questi novelli cavalieri senza armatura di cui Danny è il re indiscusso tanto che l’intero paese decide di organizzare per lui una grande, memorabile festa dove “L’anima gaudente di Pian della Tortilla si spogliò di ogni ritegno e salì intera su dalla terra, estatica unità, a volteggiar per aria. Ballarono uomini e donne con impeto tale che il pavimento sprofondò in un angolo. Le armoniche vennero suonate con tale energia che poi rimasero sfiatate per sempre”. Danny come re Artù non può finire il suo cammino come un uomo comune, diventa leggenda “in un’ultima gloriosa, seppur senza speranza, ribellione ai numi”.