Ascoltare, in silenzio, parole prive di senso, nell’istante in cui vengono pronunciate, e poi donare loro esistenza reale, fosse anche verità.
Perché non è detto che lo siano, vere, le parole. Potrebbero essere semplicemente un tentativo di dire qualcosa e poi scoprire che non hanno detto niente. Non è anche questa una verità, confutabile? Del resto “il solo fondamento della verità è la possibilità di negarla”, affermava Luigi Einaudi.
La verità, spesso scomoda, inascoltabile, irricevibile, come una pugnalata in pieno petto dritta al cuore. Una realtà inaspettata, non trascurabile, non più ignorabile perchè resa verbo dalla parola pronunciata a chiare lettere senza ombre, senza dubbi. “È difficile dire la verità, perché ne esiste sì una sola, ma è viva e possiede pertanto un volto vivo e mutevole”, scriveva Franz Kafka.
Ascoltare, metabolizzare, rielaborare, recepire, accettare. Il peso delle parole è pari alla verità che esprimono, lapidarie, essenziali, assolute. Come i silenzi altrettanto veri, perché le verità sono talmente evidenti da poter essere taciute, e non cristallizzate in una pronuncia sonora. E poi esistono altre voci che parlano e devono essere udite. “Chi ascolta attentamente l'autentica voce del cuore e della coscienza è illuminato dalla sua verità”, affermava Georg Hegel.
Verità vera come distillato di autenticità, crudele a volte, altre liberatoria, ed ancora terribile e spaventosa. Verità come vere le parole che i caratteri hanno composto su questo foglio, in questo spazio, vero.