Una stagione nuova, mai vissuta, una esperienza inimmaginabile, questa estate di pioggia, di sabbia dorata bagnata da gocce tumultuose.
Dopo il temporale torna il sereno, il caldo e l’afa attanagliano i timidi boccioli di rosa, mentre le piante di pomidoro non conoscono avarizia. L’orto offre i suoi frutti, mentre il litorale è poco frequentato, manca poco al ritorno delle folle agostane.
Solitudini di giugno, da inseguire e conquistare, pensieri da metabolizzare, lungo la sottile linea che separa acqua da terra. Camminare in bilico facendo attenzione a non deturpare conchiglie abbandonate sul bagnasciuga dalla violenza del mare.
Solitudini nelle quali rinchiudersi per non lasciarsi andare, continuare a lottare, sperare. Una piccola barca attraversa l’orizzonte, prua ad ovest, blu da inseguire, in un miraggio che non è più un sogno. Sulla linea immaginaria tra acqua e terra le impronte hanno pesi diversi da ieri, più profonde, più delineate e non è una questione di peso corporeo. Sulla pesantezza dell’essere le onde intervengono sospinte da un lieve vento di maestrale a portare conforto, leggerezza per tornare a sperare. Non resta che immergersi nell’inusuale solitudine di giugno, lasciare che il mare ponga rimedio all’inquietudine e sorridere come un piccolo granchio al sole. Un pesciolino argenteo sfiora la riva, guizza via lesto al primo spavento.
Sospesi a pelo d’acqua tra reale ed irreale, immaginare una nuova stagione, ancora una, che rompa gli schemi, scardini i sistemi, restituisca arcobaleni.