Potrebbe essere ancora primavera, la spiaggia deserta in un lunedì di giugno, spazi infiniti per solitudini che si incontrano. Le nuvole all’orizzonte.
La spiaggia dorata della riva di Ugento nell’estremo Salento è resa scura dall’assenza del sole che gioca a nascondersi dietro cirri scuri. Non si può non essere attratti dal mare, il suo colore è un invito a un rapido bagno, una lieve nuotata lasciando che i muscoli rilascino le tensioni degli ultimi mesi. Prima che sopraggiunga minacciosa la pioggia. A pochi chilometri una tromba marina sta per toccare il pelo dell’acqua salata.
La riva bagnata attende altre gocce, nuove esperienze, come se il tempo non bastasse a colmare l’inizio di ogni stato, di ogni esistenza.
Un timido acquazzone sopraggiunge, restare sulla spiaggia deserta a raccogliere gocce è tornare ad essere bambini padroni di ogni istante di ogni necessità e di ogni desiderio. Sulla riva opposta, tra i ciottoli qualcuno coltiva medesimi pensieri di abbandoni.
È un giugno anomalo, con variazioni meteo che alterano anche la percezione del tempo e dello spazio. Nel deserto di una costa ritrovarsi soli è un privilegio, tempo per pensare e ritornare a riconquistare settori persi lasciati invariati dalle linee che intersecano meriggi.
Le nuvolette sparse sono come sogni che affidiamo all’universo perché li realizzi per noi. Sulla distesa di sabbia i piedi lasciano impronte temporanee, come un passaggio del quale poi non resta traccia. Se non un ricordo, pronto a svanire anch’esso nel tempo di un istante.