Sessantaquattro pagine, quattro piccole prose e due poesie, un viaggio nei ricordi della giovinezza, tra le note di una esistenza, spartito.
Un piccolo libro, Moments musicaux di W. G. Sebald, edito da Adelphi, con traduzione di Ada Vigliani, da conservare tra altri volumi di più ampie grandezza per poi riscoprirlo come una piacevole sorpresa. Sfogliare, rivivere i ricordi, scoprire una musicalità esaltante. “…la metamorfosi cui assistemmo fu tutt’altra, perché infatti gli artisti del circo, che prima erano stati illusionisti, funamboli…alla fine del programma si presentarono, sorprendendo tutti, nelle vesti di musicanti…ebbi l’impressione di riascoltare una melodia ormai da lungo caduta nell’oblio, che mi era però assai familiare, una specie di musica paesana: quella che si produce quando nessuno dei suonatori sa leggere le note, e gli strumenti sono un po’ scordati e mezzo rotti”.
Non sono rotte le parole dell’autore, né ‘stonate’, ma accordate alle regole del cuore che governa i ricordi, l’emozioni, come appunti su un foglio bianco che va riempiendosi e colorandosi. Nella poesia la punteggiatura è inutile, la musicalità è dettata dal tempo del verso che scivola accapo, come una passeggiata in riva al fiume.
“I sentimenti amico mio/ scriveva Schumann/ sono stelle che solo/ con cielo limpido/ ti guidano ma la ragione/ è un ago magnetico/ che la nave sospinge/ fino allo schianto/ Quando con il mio dito inerte/ più non potei suonare il piano/ già allora principiò in me/ la sventura/ Pur se conosceste/ ogni piega del mio cuore/ ignota vi sarebbe/ la pena che d’ore liete/ il ricordo comporta/ Carnevale per i bambini/ gli amici travestiti/ da Ormazd e Ahriman/ dorate pecorelle/ sfilacciate nel puro etere/ Ecco avverto da anni/ all’orecchio un tono/ acuto sempre uguale/ che molto mi è molesto/ Camminando in riva/ al Reno so che/ verso il Nord agognato/ io farò rotta foss’anche/ più freddo del ghiaccio/ nelle secanti/ della geometria”.