Racconti che tornano dal passato, scritti in un tempo in cui lo sguardo era diverso, meno consapevole forse, che oggi acquisiscono profondità.
Una raccolta di brevi fiabe, una ricerca conclusa, tra i mondi vissuti e l’identità dell’essere. Pagine lievi, come lieve è la neve, lieve il silenzio e c’era una volta. In Sogni del fiume di Chandra Candiani, illustrato da Rossana Bossú, edito da Einaudi, l’autrice restituisce animazione alle cose inanimate, dà voce al silenzio dei luoghi.
“C’era una volta un poeta che non diceva a nessuno di essere un poeta. Se lo diceva, pensavano che era presuntuoso o che era caduto fuori dal tempo o dalle parole. Se non lo diceva, pensavano che era un fannullone o un troppo fortunato. Leilui, così si chiamava, sapeva solo che era nato senza pelle, con sottili antenne simili a capelli sulla testa (che in mezzo aveva una fontana), finestre a cui affacciarsi al posto degli occhi e due gatti in agguato al posto degli orecchi”.
Alberga nei racconti la parola ‘sola’ o ‘solo’ come un modo di sentirsi, di essere, nel mondo e poi ritrovarsi nelle pagine che scorrono veloci, come racconti di un’esistenza vissuta e rielaborata.
“E c’era una volta il calendario da cui quel giovedì mattina era fuggito e molto silenziosamente e senza avvedersene attendeva già al giorno dell’attimo dopo, quando la donna avrebbe finito la sua lettura, quando l’uomo si sarebbe addormentato, quando il pesce avrebbe incontrato il suo destino, quando il fiume avrebbe continuato a scorrere, quando il cielo si sarebbe fatto buio, quando il campo avrebbe taciuto sotto la ruota di nuove vicende”.