Visioni d'insieme

Morante, Fofi, Rohrwacher e l'incanto

Morante, Fofi, Rohrwacher e l'incanto

Tra il 1968 e il 1985 la grandissima Elsa Morante e l’ineguagliabile Goffredo Fofi si sono lungamente scritti.

Opinioni, racconti, aneddoti, l’eco continuo de L’isola di Arturo e naturalmente i convenevoli, come gli auguri di Natale.

Il 21 dicembre 1971 Elsa si siede e inizia a scrivere, chissà se con la sua amata penna verde, su quel tavolino tutto per sé, con un album da disegno poggiato sulle gambe, all’amico Goffredo. Una lettera che è un racconto, di un “un fatto vero (vero almeno in parte, e fino a un certo punto)” è diventata il mediometraggio di Alice Rohrwacher candidato all’Oscar. Morante aveva l’incanto dentro e lo spargeva come polvere magica su cose e persone. Povera, poverissima inizia a lavorare per aiutare la famiglia, con il primo stipendio compra regali per tutti in un Natale che non c’è, che nella sua casa non c’era mai stato e lei lo fa apparire con uno dei suoi incantesimi. 

Che il sortilegio della sua penna sia tale da incantare tutti, si sa, non stupisce che ne sia stato ammaliato anche Alfonso Cuaròn, produttore del mediometraggio. Elsa Morante racconta questa storia ambientata in un collegio di preti, con un priore intrallazone che si sente furbo tanto da beffare i poveri bambini che quel Natale sarebbero rimasti con lui. Tutti, tranne uno, Egidio che sente puzza di marcio. Offre una torta, una zuppa inglese, ma in realtà chiede loro di rinunciarci, un fioretto per i bambini buoni. Egidio si professa cattivo e inizia a mangiare. Il priore gonfio di rabbia vede i suoi piani infrangersi per il dissenso di uno, tra i tanti. “Un individualista! Un reazionario”. Egidio non mangerà la torta, la donerà a un cane. Non credeva a quel fioretto di opportunistica bontà. Sentiva la puzza che nelle sue pieghe si insinuava. Il senso intimo del racconto? A ognuno il suo. Morante conclude il suo racconto con due morali forse non a caso “Le vie del signore sono infinite oppure Tutte le strade portano a Roma”.

Alice Rohrwacher cambia qualcosa qui e là, non sono bambini ma bambine, non un collegio ma un orfanotrofio, c’è Serafina al posto di Egidio. Resta il cane, piccolo, sperduto, affamato, come solo un cane sa apparire. Ma il nocciolo resta, e Morante rassicura “La storia, a ogni modo è (fino ad un certo punto) vera. Non ti ho raccontato una balla. Avvenne più di 50 anni fa (esattamente, se non mi sbaglio, 53 o 54 anni fa)”.

E sul volto di Goffredo Fofi apparve l’incanto.

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